Il nuovo stemma di Regione Abruzzo
Un recente post su Facebook dell’araldista Carletto Genovese, ci ha ricordato di come sia trascorso un anno da quando, il 31 gennaio 2024, nel Museo di Villa Frigerj a Chieti, è stato presentato il nuovo stemma della Regione Abruzzo nel corso di una conferenza stampa alla presenza del Presidente del Consiglio regionale, del Presidente della Giunta regionale e della direttrice del Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo, Patrizia Colarossi.
“Lo Stemma diventa un’autentica opera d’arte – sottolineavano dal Consiglio Regionale – con la firma del maestro Mimmo Paladino; il poliedrico artista, principale esponente della Transavanguardia italiana, è stato scelto come attore principale del percorso di restyling del logo deciso dal Consiglio regionale e approvato con la L.R. 29 luglio 2022, n. 13, modificata dalla L.R. 27 dicembre 2023, n. 59“.
Sebbene non evidenziato durante la presentazione, l’emblema mostrato si è discostato in maniera sensibile da quello presentato e formalmente adottato a luglio del 2022, allorquando lo storico interzato in sbarra che costituiva lo stemma regionale, fu caricato della fotografia di un reperto archeologico (per la precisione una statua: il “Guerriero di Capestrano“). Aspramente criticata da molti araldisti, tale scelta è stata parzialmente rivista nel 2023, sebbene – come detto – non se ne sia parlato in occasione della presentazione ufficiale, e l’unica traccia formale può forse essere rinvenuta in quella Legge Regionale n. 59 del 27 dicembre 2023, che il comunicato dell’ente territoriale indicava come modificante la legge pure regionale del luglio 2022 con cui era stata adottata la prima forma del nuovo emblema.
“Nel nuovo gonfalone realizzato dal maestro Paladino – proseguiva il comunicato di Regione Abruzzo – compare, per la prima volta, oltre al tradizionale scudo sannitico a tre fasce di colori, una delle figure iconiche dell’Abruzzo: l’effigie della scultura del Guerriero di Capestrano“. Dunque la discutibilissima scelta di inserire nello stemma la riproduzione di un’oggetto specifico e non la sua idealizzazione restava confermata, ma “l’articolo 2 della Legge – ci informava il comunicato – dettaglia la nuova composizione grafica dello stemma della Regione Abruzzo composto da uno “Scudo sannitico interzato in sbarra d’argento, di verde e d’azzurro, sul quale è posto il “Guerriero di Capestrano” rappresentato a figura intera, in forma stilizzata – ed ecco la novità ! La fotografia del manufatto è stata sostituita da una “forma stilizzata” dello stesso – . I tre colori rappresentano, nell’ordine, le cime innevate del Gran Sasso, della Maiella, del Sirente, del Velino e dei contrafforti appenninici, i boschi, le colline ed il Mar Adriatico. Al di sopra dello stemma è posta la denominazione “REGIONE ABRUZZO” (sic) in lettere maiuscole d’oro. Sotto lo scudo è indicato il motto “GENTIVM VEL FORTISSIMARVM ITALIAE” in caratteri maiuscoli”.
“Il processo – continuava imprudentemente la nota stampa – che ha portato alla realizzazione del nuovo logo – sì, hanno scritto proprio “logo” ! Inconsapevole lapsus che conferma come la nuova “creazione” potrà anche essere artisticamente apprezzabile, ma non è più uno stemma, bensì un “logo” (e chissà se chi si è occupato della procedura sapeva che si tratta di due elementi intrinsecamente diversi) – è stato così illustrato dal Presidente del Consiglio regionale: “Abbiamo ritenuto che fosse giusto e opportuno inserire, nello stemma composto dai tre colori che contraddistinguono il nostro paesaggio, un simbolo identitario in cui tutti gli abruzzesi potessero riconoscersi. Per guardare al futuro dobbiamo fare richiamo alle nostre radici, alle più lontane, alle più solide. Per questo abbiamo pensato di inserire all’interno del gonfalone della Regione Abruzzo, la figura del Guerriero di Capestrano, il più importante ritrovamento archeologico della nostra regione, risalente al VI secolo, con l’aggiunta di una citazione di Plinio il Vecchio, che dimostra quanto anche molti secoli fa si conoscesse la forza, la determinazione e la capacità degli abruzzesi di rimboccarsi le maniche. Non conosco un Gonfalone istituzionale che non abbia i colori inseriti nel nuovo stemma, ovvero il bianco dei monti, il verde delle colline e l’azzurro dei nostri mari; noi abbiamo riproposto quei colori e abbiamo inserito un’immagine identitaria del nostro Abruzzo, il Guerriero di Capestrano, che racconta come l’Abruzzo sia una Regione d’Europa abitata da un popolo forte, combattente e resiliente” ma dove forse l’araldica non è abbastanza conosciuta, almeno dai suoi amministratori apicali.
“Parla invece del valore artistico del Guerriero – concludeva il comunicato – il Maestro Mimmo Paladino: “È un’opera ispirante. È qualcosa che ci arriva dal passato e ci arriva anche con un’attualità rispetto all’arte contemporanea. Ha una sensibilità architettonica della forma che è la sintesi della figura umana. Ho pensato di essere nel territorio della grafica comunicativa ma non trascurando questa magia del segno che il Guerriero rappresenta. Secondo la mia sensibilità rispetto al segno del passato è un’opera che può competere col David di Michelangelo come archetipo” (!).
Ma non di solo Capestrano vive l’emblema abruzzese, e dunque analizzando il nuovo stemma si può osservare come la “forma stilizzata” del Guerriero poggi su una solida base d’oro, che di fatto costituisce una sorta di punta in basso (come viene indicata in araldica tale pezza onorevole di 2° grado).
Più tecnica – ma decisamente significativa – l’irregolarità cromatica della composizione. Giova qui ricordare al lettore meno esperto, che in araldica il giallo ed il bianco non esistono, e dove presenti in uno stemma stanno ad indicare rispettivamente oro e argento; va da se dunque che per una corretta grammatica cromatica araldica, nello stessa stemma sia necessario utilizzare o il bianco e il giallo per rappresentare argento e oro, oppure direttamente argento e oro. Nel caso in esame invece viene realizzato un misto delle due soluzioni, con “forma stilizzata” e innestato d’oro, ma prima sbarra dell’interzato in bianco, a rappresentare l’argento. FDorse una svista, oppure forse l’esigenza di far risaltare meglio la “forma stilizzata” del Capestrano, che se fosse stata delineata con il giallo si sarebbe completamente persa nella parte che si sovrappone al bianco (cosa che infatti i bravi araldisti del passato vietavano).
Allargando poi lo sguardo alla composizione dell’arme nella sua interezza, si può apprezzare come sia stata abbandonata la corona appositamente ideata e utilizzata nella versione del 2022, per sostituirla con un’inedita scritta recante il nome dell’ente.
Inoltre è stato cassato il serto, costituito dai due rami, uno di ulivo e uno di quercia, che abbracciava la punta dello stemma, mentre il motto ha abbandonato la tradizionale fascia bifida, per essere inserito in un’imprecisata sagoma concava che non viene neppure menzionata nella descrizione data in fase di presentazione.
Va infine osservato che nella comunicazione ufficiale non si parlava nel dettaglio nè di gonfalone, nè di bandiera, sebbene durante la presentazione facesse bella mostra di se un gonfalone caricato della nuova insegna araldica, che dunque ragionevolmente dovrebbe potersi considerare il nuovo gonfalone regionale. Per quanto attiene l’eventuale bandiera invece, può essere interessante ricordare come il presidente del consiglio regionale, il forzista Lorenzo Sospiri, fra i principali – se non il principale – artefici di questa operazione, nel 2019 avesse proposto di adottare un orso marsicano come figura di riferimento per il vessillo istituzionale; come a dire che il suo interesse per la materia non è nuovo. Comunque – dato il contesto – ci pare più probabile che un eventuale bandiera regionale ricalchi l’assai diffusa, quanto infelice, soluzione di un drappo bianco, caricato nel cuore dello stemma o dell’arme dell’ente.
In conclusione, almeno per ora non è dato sapere cosa abbia determinato tali ripensamenti, se il mare di critiche piovute da ogni dove, oppure se siano conseguenza di una qualche possibile interlocuzione con l’Ufficio Araldico presso la Presidenza del Consiglio, cui presto o tardi lo stemma, il gonfalone e l’eventuale bandiera dovranno essere sottoposti per ottenere la necessaria concessione presidenziale, ma pur migliorato, lo stemma rivisto, resta un significativo passo indietro rispetto la vecchia insegna (questa sì) araldica abruzzese, che utopisticamente auspichiamo possa essere recuperata, nonostante i suoi limiti.
Qui le indicazioni fornite dall’ufficio comunicazioni di Regione Abruzzo circa le caratteristiche della nuova insegna.
Scheda di approfondimento L’araldica civica italiana L’araldica è la scienza che studia gli stemmi, questi però sono raggruppabili in tre macro categorie, ovvero gli stemmi di persona e famiglia, gli stemmi ecclesiastici, e gli stemmi di enti. Quest’ultima categoria comprende in particolare gli enti territoriali, quali i comuni, le province, le regioni, e gli studi araldici ad essa dedicati, sono comunemente indicati come studi sull’araldica civica. Oggi in Italia solo questa categoria dell’araldica (o meglio gran parte di essa) è disciplinata e tutelata dallo Stato, e la normativa di riferimento è il Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 1 febbraio 2011, n.25 – Suppl. Ordinario n.26. Tale Decreto all’articolo 2 precisa che: sono destinatari delle disposizioni di cui al presente decreto: le regioni, le province, le città metropolitane, i comuni, le comunità montane, le comunità isolane, i consorzi, le unioni di comuni, gli enti con personalità giuridica, le banche, le fondazioni, le università, le società, le associazioni, le Forze armate ed i Corpi ad ordinamento civile e militare dello Stato. L’articolo 5 invece precisa le caratteristiche tecniche degli emblemi civici: 1) Lo scudo obbligatoriamente adottato per la costruzione degli stemmi è quello sannitico moderno … 2) Le province, i comuni insigniti del titolo di città ed i comuni dovranno collocare sopra lo stemma la corona a ciascuno spettante, come di seguito descritta: a) provincia: cerchio d’oro gemmato con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro e uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati e ricadenti all’infuori: b) comune insignito del titolo di città: corona turrita, formata da un cerchio d’oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d’oro e murato di nero: c) comune: corona formata da un cerchio aperto da quattro pusterle (tre visibili), con due cordonate a muro sui margini, sostenente una cinta, aperta da sedici porte (nove visibili), ciascuna sormontata da una merlatura a coda di rondine, il tutto d’argento e murato di nero: 3) Gli enti di cui all’articolo 2, diversi da provincia, comune insignito del titolo di città e comune, possono fregiare il proprio stemma con corone speciali di cui è studiata di volta in volta la realizzazione a cura dell’ Ufficio onorificenze e araldica. 4) Il gonfalone consiste in un drappo rettangolare di cm. 90 per cm. 180, del colore di uno o di tutti gli smalti dello stemma. Il drappo è sospeso mediante un bilico mobile ad un’asta ricoperta di velluto dello stesso colore, con bullette poste a spirale, e terminata in punta da una freccia, sulla quale sarà riprodotto lo stemma, e sul gambo il nome dell’ente. Il gonfalone ornato e frangiato è caricato, nel centro, dello stemma dell’ente, sormontato dall’iscrizione centrata (convessa verso l’alto) dell’ente medesimo. La cravatta frangiata deve consistere in nastri tricolorati dai colori nazionali. Le parti metalliche del gonfalone devono essere: argentate per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Analogamente i ricami, i cordoni, l’iscrizione e le bullette a spirale devono essere d’argento per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Il precedente articolo 4, fornisce inoltre delle indicazioni in merito ai motti: I motti devono essere scritti su liste bifide e svolazzanti dello stesso colore del campo dello scudo, con lettere maiuscole romane, collocate sotto la punta dello scudo. Non sono invece formalmente menzionate le fronde che accompagnano lo scudo ai lati per poi unirsi al di sotto della sua punta, ma il rinvio alla normativa preesistente per quanto non normato dal decreto in questione, oltre alla loro costante presenza nei bozzetti esemplificativi e nelle faq presenti sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri legittimano la comune interpretazione che esse siano previste, e lo siano con le caratteristiche indicate nelle suddette faq: 7) Le fronde che ornano lo scudo che ruolo hanno? Arricchiscono lo scudo ed effigiano l’alloro e la quercia, con le foglie di verde e con le drupe e le bacche d’oro; tali fronde si pongono legate in basso con un nastro tricolorato con i colori nazionali. Da annotare infine che il comma 1 dell’art. 4 del già richiamato DPCM del 28/01/2011 precisa che “Gli stemmi ed i gonfaloni storici delle province e dei comuni non possono essere modificati”. I disegni accompagnatori della presente scheda sono desunti dal testo del DPCM del 28/01/2011. Testo integrale del Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 . |
Articoli correlati: Salvate lo stemma dell’Abruzzo; E scempio fu; Come sarà la nuova bandiera dell’Abruzzo?
Video Consiglio Regionale Abruzzo: Presentazione del nuovo stemma dell’ente Regione Abruzzo