Il nuovo stemma di don Alberto Torriani
Lo scorso 11 dicembre il Santo Padre ha nominato arcivescovo di Crotone-Santa Severina il Rev.do don Alberto Torriani, del clero dell’Arcidiocesi Metropolitana di Milano, finora rettore del Collegio San Carlo di Milano.
S.E. Mons.Alberto Torriani è nato il 3 novembre 1971 a Bollate, in provincia ed Arcidiocesi di Milano. Entrato nel Seminario Arcivescovile di Milano, ha conseguito il Baccalaureato in Teologia, ed è stato ordinato presbitero per l’Arcidiocesi di Milano il 10 giugno 2000.
Dopo l’ordinazione è stato Vicario parrocchiale presso la Parrocchia di San Biagio di Monza, e della successiva Comunità Pastorale Ascensione del Signore. A Monza è stato responsabile della Pastorale Giovanile della città dal 2003 al 2011. Dal 2000 nel mondo della scuola come assistente e vicepreside delle Scuole parrocchiali San Biagio di Monza; dal 2011 al settembre 2016 è stato Rettore del Collegio Rotondi di Gorla Minore (VA), per poi assumere l’incarico di Pro Rettore del Collegio San Carlo di Milano di cui, dal febbraio 2017 ne è diventato Rettore.
Don Alberto Torriani sarà consacrato vescovo il 22 febbraio prossimo, alle ore 15, nel Duomo di Milano, nel frattempo però ha già ufficializzato lo stemma che lo accompagnerà nel suo ministero episcopale, per la realizzazione del quale si è affidato al maestro Marco Foppoli, e che è stato così presentato:
“Il significato dello stemma di un vescovo
Lo stemma di un vescovo è simbolo della sua identità e missione pastorale.
Questa tradizione affonda le radici nel Medioevo, quando l’araldica era il linguaggio visivo usato per rappresentare persone e istituzioni.
Lo stemma episcopale è composto da vari elementi:
- – Lo scudo, che racchiude simboli legati alla spiritualità, alla diocesi o alla storia personale del vescovo.
- – Il cappello prelatizio (galero), verde con sei nappe per lato per i vescovi, verde con dieci nappe per lato per gli arcivescovi, e rosso con dieci nappe per i cardinali.
- – La croce episcopale, posta dietro lo scudo, che varia in forma a seconda del rango.
- – Il motto, una frase che riflette la missione e la spiritualità del vescovo.
Lo stemma di monsignor Torriani
Lo stemma scelto dall’Arcivescovo Alberto è diviso in quattro parti e lo scudo è distinto dagli usuali contrassegni arcivescovili, ovvero accollato alla croce astile d’oro a due braccia e sormontato dal galero con 20 fiocchi verdi. > Al vertice dello scudo quattro cuori (come già nello stemma episcopale del Card. Martini, omaggio ai maestri e pastori conosciuti) ciascuno dei quali rappresenta i quattro luoghi di vita del ministero sacerdotale; le quattro città dove lo Spirito, con imprevista creatività, si è reso presente. Novate Milanese, luogo sorgivo di nascite umane e vocazionali; Monza, nelle stagioni degli entusiasmi giovanili e delle iniziali appartenenze ministeriali; poi Gorla Minore nelle età delle prime responsabilità e poi Milano nella stagione della maturità umana e della creatività pastorale e del legame più stretto con la Diocesi e i suoi pastori. Su tutti questi luoghi la comunanza della passione educativa per i ragazzi e i giovani che ‘timbra’ in modo indelebile le esperienza e la carne.
> Al di sotto dei cuori, una moneta d’oro evoca il talento evangelico da trafficare e da riconoscere come dono di Dio nella singolarità e unicità di ciascuno, in particolare nei giovani e nella scuola, luogo privilegiato dove ricevere e donare quella Vita che chiede di essere ‘espansa’ e ‘condivisa’.
> La mano aperta che si protende verso l’altro è l’umanità trasfigurata dal Vangelo che è capace di carezza, di custodia e sostegno, di compagnia e affidabilità, di promessa e di incoraggiamento. Nel gesto sacramentale della Misericordia è ‘mano che scioglie gli affanni’: luogo privilegiato dove don Alberto ha ‘toccato con mano’ lo Spirito all’opera in cuori feriti e in volti trasfigurati dalla grazia.
> Sulla banda al centro dello scudo, un pesce barbo che si pescava nel lago di Tiberiade ai tempi di Gesù. Il rimando è al capitolo 21 del Vangelo di Giovanni, vera casa del cuore da abitare e a cui fare spesso ritorno. Lì è descritto un incontro tra Gesù e alcuni suoi discepoli sulla riva del mare di Galilea, ignari costoro che Lui fosse il loro maestro Risorto che li saluta chiedendo loro da mangiare e promettendogli futuro con reti sovrabbondanti. Gesù si interessa di loro, alle loro vite concrete e loro si sentono da Lui conosciuti. Si sperimenta cosi la passione dell’incontro fino a farla divenire lo stile del vivere.
> Su tutto l’azzurro dello sfondo, richiamo alla madre di Gesù venerata a Milano come ‘Maria Nascente – Madonnina del Duomo’ e a Crotone come la Madonna di Capo Colonna.
Il motto ‘si sappiano da lui conosciuti’
Sentirsi conosciuti da qualcuno è l’esperienza di chi sa di essere amato e voluto, desiderato e custodito e per questo capace di sguardi di futuro di promettenti e fecondi.
Tratto da un testo di M. Delbrel, queste righe sono è una parte dei voti augurali che ella scrive in occasione dell’ordinazione sacerdotale di un amico, poi divenuto Cardinale di Parigi. La figura e la statura spirituale di questa donna francese del secolo scorso – laica assistente sociale nelle periferie parigine, poetessa dell’ umano e del suo cuore come luogo di presenza del Mistero – fa da riferimento allo stile e all’interpretazione del ministero episcopale come servizio all’umano ed è la filigrana con cui rileggere tutto il Vangelo, in ogni sua relazione e in ogni sua parola.
Si torna qui al capitolo 21 di Giovanni. Su quella riva del lago, Gesù con quella domanda rivolta ai discepoli, li riporta alla loro più intima essenza, al loro più profondo essere. Non chiede loro di riportare a terra la barca e di affrettarsi verso di lui. Il suo solo desiderio è che trovino la loro strada e siano dei buoni pescatori. Progetta la pienezza, salva la loro identità. Di questa pienezza di vita, di questa salvezza che rigenera anche notti infeconde e restituisce valore e vita il vescovo si fa interprete e voce.
“Desideriamo per lui che realizzi nella sua vita ciò che noi stessi vorremmo trovare in lui: innanzitutto ciò che il sacerdote ci può donare, il Cristo della Messa e dei Sacramenti; e, se pensiamo per prima cosa a questo, è perché ciò è molto più del sacerdote stesso, fosse pure un santo o un genio. Poi, ciò che desideriamo è che, prima di essere questo o quello, egli sia di Gesù Cristo; che sia il vivente richiamo di ciò che, nel più profondo di ogni battezzato, è di Dio; che sia “l’uomo di Dio” e tutto il resto in lui sia come una conseguenza della sua appartenenza a Dio. Poi, ancora, che egli parli a Dio e che parli di Dio. E, poiché tutto ciò che noi vorremmo trovare nel prete non rimane, non sta, in qualche misura, al di fuori di noi, quasi al margine degli uomini, desideriamo che egli sia un uomo, rimasto uomo, che gli uomini possano toccarlo, ascoltarlo, capirlo e che si sappiano da lui conosciuti, tanto in ciò che essi conoscono di sé, quanto ciò che di sé ignorano. Desideriamo per lui che creda alla gioia, il che non si riduce a dare prova di ottimismo. Ci sembra che la gioia cristiana, quella che il Signore chiama “la mia gioia”, quella che egli vuole che sia “piena”, consista nel credere concretamente – per fede – che noi sempre e dovunque abbiamo tutto ciò che è necessario per essere felici. Così sia” (M. Delbrel).
Scheda di approfondimento L’araldica ecclesiastica L’araldica ecclesiastica è una specifica branca dell’araldica che si occupa degli stemmi appartenenti a persone o istituzioni del mondo ecclesiale, stemmi caratterizzati da ornamentazioni esterne sostanzialmente costanti e che esprimono un preciso codice giuridico, in grado di rendere immediatamente identificabile grado e funzione del titolare. Limitatamente all’araldica della Chiesa Cattolica, gli elementi essenziali di tale codice sono: La tiara o triregno è l’ornamento araldico ad uso esclusivo del Papa, che sormonta il relativo stemma, ed è costituita da un copricapo a forma di cupola che sorregge tre corone sovrapposte. Benedetto XVI e Francesco hanno sostituito la tiara con una mitra caricata di tre fasce d’oro che richiamano le originarie tre corone. Il galero, ovvero il cappello ecclesiastico è un cappello da pellegrino con la tesa molto lunga e due cordoni laterali che terminano con una serie di fiocchi o più propriamente nappe. Posto sulla sommità ornamento dello scudo il galero consente l’immediato riconoscimento del grado del titolare dello stemma grazie al colore e al numero delle nappe o fiocchi. Il colore del galero (di norma il medesimo delle nappe) indica: > rosso per i cardinali; > verde per gli arcivescovi, i vescovi e i patriarchi; > paonazzo per i monsignori; > nero per i presbiteri. Il numero di nappe per lato indica: > 15 nappe rosse per i cardinali; > 15 nappe verdi per patriarchi e primati; > 10 nappe verdi arcivescovi; > 6 nappe verdi vescovi e abati mitrati; > 6 nappe paonazze cappellano di Sua Santità; > 6 nappe nere vicario generale, vicario episcopale, abate; > 3 nappe parroco; > 1 nappa presbitero. Le Chiavi sono raffigurate incrociate, una d’oro a destra e un’altra d’argento a sinistra, con le impugnature rivolte verso il basso. Si pongono dietro o sopra lo scudo papale. La croce posta in palo dietro lo scudo, può essere: > semplice cioè ad una traversa per i vescovi > doppia cioè a due traverse per i cardinali, i patriarchi e gli arcivescovi. Impostazione classica di un stemma papale Impostazione classica di uno stemma cardinalizio di un arcivescovo Impostazione classica di uno stemma arcivescovile Impostazione classica di uno stemma vescovile Impostazione classica di uno stemma di un vicario episcopale Impostazione classica di uno stemma di un parroco Impostazione classica di uno stemma di un sacerdote Accanto a questi elementi principali ve ne sono altri di uso più limitato, come pure vi sono ulteriori configurazioni specificatamente riservate a cariche meno note, e non mancano un certo numero di eccezioni e deroghe concesse a titolari di cariche legate ad istituzioni specifiche. I disegni di questa scheda sono stati realizzati da Teresa Morettoni e Davide Bolis (per il solo stemma vescovile). . |
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