Monterone e il suo “stemma”
Un vecchio adagio dice che la strada che porta all’inferno è lastricata di buone intenzioni. Chi lo ha coniato intendeva dire che non bastano le buone intenzioni per fare bene, e che spesso i disastri sono originati involontariamente da chi animato appunto da buone intenzioni si è cimentato in qualcosa che non era in grado di fare.
Da questo punto di vista l’araldica è un campo in cui si incontrano numerosi “incidenti” di questa natura.
L’ultimo caso ci viene dallo splendido borgo medioevale di Monterone, frazione di Sestino, in provincia di Arezzo, che si è recentemente dotato di una propria insegna araldica (o le è stata donata, non ci è ancora stato possibile appurarlo con precisione).
Iniziativa indubbiamente lodevole, che a chi come a noi ama l’araldica, non può che fare immenso piacere, tanto più se frutto di una donazione, che può essere indice di uno spirito mecenate, e tanto più che è riferito ad un abitato medioevale, creando così un connubio particolarmente affascinante.
I problemi sorgono quando però si può prendere visione dello stemma, poichè l’emblema – ideato da un noto scultore del territorio – rivela non poche criticità sotto il profilo araldico, richiamando alla mente una significativa affermazione del cardinal Andrea Cordero Lanza di Montezemolo che ci permettiamo adattare grammaticalmente al contesto: “o uno stemma viene costruito correttamente, o è meglio rinunciarvi”.
E così ecco che nello stemma di Monterone troviamo l’uso di smalti sconosciuti in araldica, accostamenti cromatici discutibili, appropriazione di stemmi altrui, ornamentazioni improprie, composizione discutibile.
Eppure le buone intenzioni c’erano …
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