Il nuovo stemma del Comune di Caselle Landi
Caselle Landi è un piccolo comune di 1400 abitanti del lodigiano, in Lombardia, che pur avendo in uso un proprio emblema araldico da oltre un secolo, ufficialmente risultava senza stemma.
Una situazione non rara fra i comuni italiani, poichè le normative vigenti prevedono che gli stemmi civici siano legalmente utilizzabili, solo se frutto di una precisa “concessione” del Presidente della Republica (o del Re prima del 1946).
Si tratta di una legge ignorata dai più, e spesso anche da amministratori e funzionari degli enti locali, frequentemente portati a ritenere che ogni comune, provincia o regione possa liberamente ed autonomamente scegliere, utilizzare, e se il caso, modificare, le proprie insegne araldiche.
Come accennato, accade così che un discreto numero di questi enti faccia uso di emblemi irregolari, perchè adottati arbitrariamente o perchè modificati nel tempo rispetto alle originarie concessioni.
Tal volta però capita che tali situazioni “illegali” emergano, e gli amministratori decidano di porvi rimedio, chiedendo la concessione di nuove insegne al Presidente della Repubblica, che in questi casi spesso tenda più a regolarizzare, che non ad innovare, gli stemmi magari già in uso da molto tempo.
Ed è questo il caso del Comune di Caselle Landi, che secondo le ricerche condotte dall’araldista Sara Pagnini, utilizzava il proprio stemma sin dal lontano 1883, quando l’allora segretario comunale avrebbe ideato l’emblema civico del suddetto comune, senza però che tale stemma fosse mai stato formalmente concesso dalle autorità preposte.
A sanare l’incresciosa situazione, l’attuale amministrazione di Caselle Landi, che con il sindaco Piero Luigi Bianchi, ha dato mandato allo Studio Araldico Pagnini di muovere i necessari passi.
Così lo scorso giugno, in occasione della Festa della Repubblica, con un evento pubblico, è stato possibile presentare i nuovi emblemi araldici del Comune, così come concessi dal Presidente Mattarella, emblemi che vedono la sostanziale conferma dello stemma in uso, pur puntualizzandone alcuni elementi poco chiari, e limitandosi ad introdurre una sbarra ondata in un quarto dell’insegna, e a mutare il fondo di un altro quarto da oro a verde.
Scheda di approfondimento L’araldica civica italiana L’araldica è la scienza che studia gli stemmi, questi però sono raggruppabili in tre macro categorie, ovvero gli stemmi di persona e famiglia, gli stemmi ecclesiastici, e gli stemmi di enti. Quest’ultima categoria comprende in particolare gli enti territoriali, quali i comuni, le province, le regioni, e gli studi araldici ad essa dedicati, sono comunemente indicati come studi sull’araldica civica. Oggi in Italia solo questa categoria dell’araldica (o meglio gran parte di essa) è disciplinata e tutelata dallo Stato, e la normativa di riferimento è il Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 1 febbraio 2011, n.25 – Suppl. Ordinario n.26. Tale Decreto all’articolo 2 precisa che: sono destinatari delle disposizioni di cui al presente decreto: le regioni, le province, le città metropolitane, i comuni, le comunità montane, le comunità isolane, i consorzi, le unioni di comuni, gli enti con personalità giuridica, le banche, le fondazioni, le università, le società, le associazioni, le Forze armate ed i Corpi ad ordinamento civile e militare dello Stato. L’articolo 5 invece precisa le caratteristiche tecniche degli emblemi civici: 1) Lo scudo obbligatoriamente adottato per la costruzione degli stemmi è quello sannitico moderno … 2) Le province, i comuni insigniti del titolo di città ed i comuni dovranno collocare sopra lo stemma la corona a ciascuno spettante, come di seguito descritta: a) provincia: cerchio d’oro gemmato con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro e uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati e ricadenti all’infuori: b) comune insignito del titolo di città: corona turrita, formata da un cerchio d’oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d’oro e murato di nero: c) comune: corona formata da un cerchio aperto da quattro pusterle (tre visibili), con due cordonate a muro sui margini, sostenente una cinta, aperta da sedici porte (nove visibili), ciascuna sormontata da una merlatura a coda di rondine, il tutto d’argento e murato di nero: 3) Gli enti di cui all’articolo 2, diversi da provincia, comune insignito del titolo di città e comune, possono fregiare il proprio stemma con corone speciali di cui è studiata di volta in volta la realizzazione a cura dell’ Ufficio onorificenze e araldica. 4) Il gonfalone consiste in un drappo rettangolare di cm. 90 per cm. 180, del colore di uno o di tutti gli smalti dello stemma. Il drappo è sospeso mediante un bilico mobile ad un’asta ricoperta di velluto dello stesso colore, con bullette poste a spirale, e terminata in punta da una freccia, sulla quale sarà riprodotto lo stemma, e sul gambo il nome dell’ente. Il gonfalone ornato e frangiato è caricato, nel centro, dello stemma dell’ente, sormontato dall’iscrizione centrata (convessa verso l’alto) dell’ente medesimo. La cravatta frangiata deve consistere in nastri tricolorati dai colori nazionali. Le parti metalliche del gonfalone devono essere: argentate per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Analogamente i ricami, i cordoni, l’iscrizione e le bullette a spirale devono essere d’argento per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Il precedente articolo 4, fornisce inoltre delle indicazioni in merito ai motti: I motti devono essere scritti su liste bifide e svolazzanti dello stesso colore del campo dello scudo, con lettere maiuscole romane, collocate sotto la punta dello scudo. Non sono invece formalmente menzionate le fronde che accompagnano lo scudo ai lati per poi unirsi al di sotto della sua punta, ma il rinvio alla normativa preesistente per quanto non normato dal decreto in questione, oltre alla loro costante presenza nei bozzetti esemplificativi e nelle faq presenti sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri legittimano la comune interpretazione che esse siano previste, e lo siano con le caratteristiche indicate nelle suddette faq: 7) Le fronde che ornano lo scudo che ruolo hanno? Arricchiscono lo scudo ed effigiano l’alloro e la quercia, con le foglie di verde e con le drupe e le bacche d’oro; tali fronde si pongono legate in basso con un nastro tricolorato con i colori nazionali. Da annotare infine che il comma 1 dell’art. 4 del già richiamato DPCM del 28/01/2011 precisa che “Gli stemmi ed i gonfaloni storici delle province e dei comuni non possono essere modificati”. I disegni accompagnatori della presente scheda sono desunti dal testo del DPCM del 28/01/2011. Testo integrale del Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 . |
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