Gran Croce dell’Ordine dei SS Maurizio e Lazzaro al principe Davit Bagration Mukharani

Sabato scorso, 5 ottobre, si è tenuta una cerimonia in cui ha avuto luogo uno scambio di onori tra la Casa Savoia e Casa Bagrationi-Mukhrani di Georgia.

In segno di vicinanza tra le due storiche famiglie, il Principe Davit Bagrationi-Mukhrani di Georgia e il Principe Emanuele Filiberto di Savoia, Duca di Savoia e Principe di Venezia, hanno partecipato ad uno scambio ufficiale di onorificenze nel corso di una cerimonia privata tenutasi presso la Pontificia Università Lateranense, a Roma. Il Principe Emanuele Filiberto è stato insignito del Gran Collare dell’Ordine dell’Aquila di Georgia, la più alta delle onorificenze premiali della Casa georgiana. Il Principe Davit Bagration Mukharani è stato insignito della Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ordine cavalleresco più prestigioso, dopo quello supremo dell’Annunziata, di Casa Savoia.

Già Re Umberto II d’Italia e suo figlio, il Principe Vittorio Emanuele , furono insigniti dell’Ordine dell’Aquila di Georgia (fondato nel 1939), evidenziando il legame storico tra le due famiglie.


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Ordine dell’Aquila di Georgia e della Tunica di Nostro Signore Gesù Cristo

L’Ordine dell’Aquila di Georgia e della Tunica di Nostro Signore Gesù Cristo, è la più alta onorificenza di Casa Bagrationi-Mukhrani di Georgia, una delle più accreditate pretendenti al trono di Georgia.

Le origini dell’Ordine sarebbero da ascriversi alla regina Tamara di Georgia (1184-1213), che l’avrebbe fondato per aiutare il vicino Impero di Trebisonsa.

I primi dati certi però risalgono al 1939, quando il principe Irakli Bagration-Mukhrani ne redasse gli statuti fondandolo o ripristinandolo – a seconda del credito che si attribuisce alle sue asserite origini medioevali -, ponendolo come il più alto degli ordini della dinastia Bagration, dinastia pretendente al trono di Georgia, ma divisa in più rami rivali tra loro, dinastia di cui Irakli Bagration-Mukhrani rivendicò la guida proprio nel 1939.

L’Ordine è oggi articolato su 7 classi: Membro, Ufficiale, Cavaliere, Commendatore, Grand’Ufficiale, Cavaliere di Gran Croce, Collare e il capo e gran maestro è il principe David Bagration-Mukhrani, duca di Lasos, principe di Kakheti, principe di Kartli e principe di Mukhrani.

L’Ordine è riconosciuto dall’ICOC (International Commission for the Orders of Chivalry).
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Ordine Militare e Ospedaliero di San Lazzaro di Gerusalemme



L’Ordine di San Lazzaro è uno dei più antichi ordini cavallereschi della storia, fondato in Terra Santa già all’epoca della prima crociata (1096-1099) e confermato come ordine religioso militare e ospedaliero con la bolla papale dell’11 aprile 1255 di papa Alessandro IV.

A differenziare quest’ordine dagli altri contemporanei (fra cui i più famosi templari, ma anche i giovanniti oggi detti Cavalieri di Malta), è stato il suo impegno a favore dei lebbrosi, da essi assistiti nell’apposita struttura fuori dalle mura di Gerusalemme, ed il fatto che – almeno inizialmente – i suoi cavalieri fossero essi stessi affetti dal terribile morbo.

Sul piano visivo la differenza con gli altri ordini fu evidenziata dal colore della croce ricamata sui loro mantelli: verde (bianca era quella dei giovanniti, rossa quella dei templari, nera quella dei teutonici).

L’Ordine diede un importante contributo alla causa delle crociate e si propagò anche in Europa sino al 1572, quando esaurite le ragioni che ne avevano giustificato la nascita, fu unito all’Ordine di San Maurizio, dando vita all’odierno ordine di Casa Savoia denominato Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro; successivamente le rivendicazioni di chi rifiutava tale unione vennero tacitate da una formale soppressione nel 1608 ad opera di papa Paolo V.

Non tutti i cavalieri e non tutte le commende però confluirono nella nuova realtà perpetuando con una continuità storica da molti contestata un’esistenza autonoma dell’Ordine di San Lazzaro (l’Osservatore Romano con nota del 15-16 aprile del 1935 ebbe modo di ribadirne la definitiva soppressione nel 1608) sino ai nostri giorni, quando a seguito da una disputa originatasi nel 1969 si sono formati due distinti rami dell’Ordine, il ramo cosiddetto spagnolo e il ramo cosiddetto francese.
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Disputa dinastica Casa Savoia

stemma savoia

Il ruolo di Capo di Casa Savoia, e dunque di Pretendente al Trono d’Italia, è oggi oggetto di una disputa tra i rappresentanti di due rami dello stesso casato, quello primogenito oggi rappresentato da Vittorio Emanuele di Savoia (figlio di Umberto II, ultimo re d’Italia, e padre di Emanuele Filiberto) e quello cadetto dei Savoia-Aosta, oggi rappresentato da Aimone di Savoia-Aosta.

Il matrimonio controverso
A giustificare l’apertura del contenzioso, il matrimonio contratto da Vittorio Emanuele di Savoia civilmente nel 1970 e religiosamente nel 1971, con Marina Doria.
Tale matrimonio infatti avvenne senza consenso da parte di Umberto II (in quel momento capo della Real Casa), con una donna priva di un’adeguato stato nobiliare; tali circostanze secondo le leggi dinastiche di Casa Savoia decretano l’immediata decadenza del principe contraente il matrimonio da qualsiasi titolo e diritto di successione per sé e per la sua discendenza.
Conseguentemente il titolo di Capo di Casa Savoia e Pretendente al Trono d’Italia spetterebbe ad Aimone di Savoia-Aosta.

Vittorio Emanuele contesta sotto diversi punti di vista le rivendicazioni del ramo cadetto del casato, ed in particolare sostiene che con l’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, le leggi di successione per la Casa Reale previste dal Regno d’Italia, siano decadute e non producano più effetti civili nei riguardi dell’ex Casa Reale.

La modifica delle norme successorie
Più recentemente la disputa è stata alimentata anche da un decreto di Vittorio Emanuele del 28 dicembre 2019, che come nel caso anche di altre case regnanti europee, ha sostanzialmente abrogato la legge salica, modificando le leggi successorie del casato e consentendo la successione femminile, con la motivazione di doversi adeguare “alle norme comunitarie sull’uguaglianza di genere“.

Il decreto è stato contestato dai Savoia-Aosta in quanto Vittorio Emanuele essendo decaduto dal ruolo di Capo di Casa Savoia non avrebbe avuto i titoli per poterlo emettere, non avrebbe comunque seguito le procedure necessarie, e sarebbe motivato unicamente dall’esigenza di consentire la successione alle sue nipoti (Emanuele Filiberto, figlio di Vittorio Emanuele, ha avuto due figlie femmine e nessun maschio). Infatti in assenza di tale decreto in futuro ad Emanuele Filiberto nel ruolo di Capo della Real Casa e di Pretendente al Trono d’Italia subentrerebbe comunque la discendenza maschile del ramo Savoia-Aosta.

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Gli stralci pertinenti alla disputa
, delle leggi dinastiche del casato, in materia successoria:

> Regie lettere patenti del 13 settembre 1780, emanate da Vittorio Amedeo III:
Art. 1. Non sarà lecito a Principi del Sangue contrarre matrimonio senza prima ottenere il permesso Nostro o dei reali nostri successori, e mancando alcuni di essi a questo indispensabile dovere soggiacerà a quei provvedimenti, che da Noi o da reali successori, si stimeranno adatti al caso.
Art. 2. Se nell’inadempimento di questa obbligazione si aggiungesse la qualità di matrimonio contratto con persona di condizione e stato inferiore, tanto i contraenti che i discendenti da tale matrimonio si intenderanno senz’altro decaduti dal possesso dei beni e dei diritti provenienti dalla Corona e dalla ragione di succedere nei medesimi, come pure da ogni onorificenza e prerogativa della Famiglia.
Art. 3. Quando però il riflesso di qualche singolare circostanza determinasse Noi, od i reali nostri successori, a lasciare che si contragga matrimonio disuguale, riserviamo in tale caso alla sovrana autorità di prescrivere per gli effetti di esso le condizioni, e cautele, che dovranno osservarsi.

>Regio editto del 16 luglio 1782, anch’esso emanato da Vittorio Amedeo III:
Art. 10. I maritaggi dei Principi della nostra Casa, interessando essenzialmente il decoro della Corona ed il bene dello Stato, non potranno perciò contrarsi senza la permissione Nostra, o dei Reali successori, e mancando alcuni di essi Principi a questo indispensabile dovere, soggiacerà a quei provvedimenti, che all’occorrenza dei casi, sì da Noi, che dà Reali successori verranno ordinati, anche a tenore delle Patenti Nostre del 13 settembre 1780, con riserva pure di accompagnare le permissioni con le condizioni che si giudicheranno proprie e convenienti.

>Statuto Albertino del 4 marzo 1848:
Art. 2. Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rappresentativo. Il Trono è ereditario secondo la legge salica.

>Codice Civile del 2 aprile 1865:
Art. 69. Per la validità dei matrimoni dei Principi e delle Principesse Reali è richiesto l’assenso del Re.
Art. 81. Il consenso degli ascendenti, qualora non sia dato personalmente davanti l’uffiziale civile, deve constare da atto autentico, il quale contenga la precisa indicazione tanto dello sposo al quale si dà il consenso, quanto dell’altro.

>Codice Civile del 16 marzo 1942:
Art. 92. Per la validità dei matrimoni dei Principi e delle Principesse Reali è richiesto l’assenso del Re Imperatore.
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Gli ordini cavallereschi in Italia

Ordini Cavallereschi

Il conferimento e l’uso di titoli e decorazioni cavalleresche in Italia è disciplinato dagli articoli 7 e 8 della legge n. 178 del 3 marzo 1951, i quali in sintesi stabiliscono che in Italia sono LIBERAMENTE UTILIZZABILI i titoli e le decorazioni:

1) degli ordini cavallereschi nazionali (Ordine Militare d’Italia, Ordine della “Stella d’Italia”, Ordine “Al merito della Repubblica Italiana”, Ordine Cavalleresco “Al Merito del lavoro”, Ordine di Vittorio Veneto)
2) degli ordini cavallereschi della Santa Sede (Ordine dello Speron d’Oro, Ordine Piano, Ordine di San Gregorio Magno e Ordine di San Silvestro Papa), e dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro
3) del Sovrano Militare Ordine di Malta

Sono invece SOGGETTE AD AUTORIZZAZIONE da parte del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per gli affari esteri, le decorazioni ed i titoli degli “Ordini non nazionali o di Stati esteri”.
Circa l’interpretazioni di quali possano essere considerati “ordini non nazionali“, molto si è discusso, e la dottrina attuale ha portato ad identificarli negli ordini cavallereschi dinastici.
Un elenco degli Ordini non nazionali o di Stati esteri le cui decorazioni almeno in alcuni casi siano state sino ad oggi autorizzate, è stato stilato dall’Ministero dell’Interno.

Gli articoli di legge anzidetti vietano il conferimento di onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche, con qualsiasi forma e denominazione, da parte di enti, associazioni o privati, e specificano che le relative sanzioni sono applicabili anche quando tali conferimenti siano avvenuti all’estero.

Doverosamente va evidenziato come vi siano anche ordini cavallereschi del tutto legittimi, le cui decorazioni però lo stato italiano non ha ancora avuto occasione di autorizzare, oppure vi siano ordini cavallereschi di cui le decorazioni in Italia non vengono autorizzate, per ragioni di opportunità politica (come l’Ordine supremo della Santissima Annunziata, o l’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro). Assume dunque particolare rilevanza l’elenco degli ordini cavallereschi valutati legittimi dall’ICOC (Commissione Internazionale permanente per lo studio degli Ordini Cavallereschi – International Commission for Orders of Chivalry), istituzione internazionale privata, che ha redatto un apposito Registro.
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Disambigua
PREDICATI TITOLI NOBILIARI, CAVALLERESCHI ED ACCADEMICI

Per precisa scelta editoriale il Notiziario Araldico cerca di dare conto di tutti gli eventi e le iniziative di rilevanza araldica, nobiliare, cavalleresca, genealogica, vessillologia, faleristica, o comunque attinenti le discipline documentarie della storia, cercando di evitare atteggiamenti censori.

Tale scelta, unita alle tempistiche proprie di un quotidiano quale è il Notiziario Araldico, ed all’impossibilità di una verifica puntuale di tutti i trattamenti e le titolature accademiche, nobiliari e cavalleresche, contenute nei comunicati, nelle note informative, nei programmi degli eventi, nei documenti diffusi e/o comunque ripresi, può purtroppo implicare la pubblicazione di titoli contesi, contestati, non universalmente accettati, inesatti, o peggio ancora frutto di falsificazioni antiche o recenti.

Si evidenzia dunque che i trattamenti, i predicati, i titoli cavallereschi, i titoli accademici, i titoli nobiliari, pubblicati, lo sono senza attribuire loro alcun valore, e senza poter entrare nel merito.

Giova infine ricordare in questa sede che per disposizione costituzionale, in Italia i titoli nobiliari, sono privi di qualunque valore giuridico.
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