Lo stemma di Monteviale
Diciasette anni; questo il tempo trascorso dall’avvio della procedura per ottenere la concessione di un nuovo stemma civico (che nel caso specifico in realtà ha consistito nella regolarizzazione di un emblema già in uso), alla sua definitiva chiusura.
Che i tempi delle procedura amministrative possano essere lunghi è purtroppo risaputo, e non fa eccezione l’iter per la concessione dei nuovi emblemi araldici agli enti locali, gestito dall’Ufficio Araldico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, sebbene nel caso di cui siamo ora a scrivere, le maggiori responsabilità non siano ad esso imputabili; ma andiamo con ordine, seguendo il comunicato emesso lo scorso 16 settembre dalla stessa amministrazione locale coinvolta, ovvero il Comune di Monteviale, in provincia di Vicenza: “Il 1 gennaio 1907, dopo la pausa dal 1811 dovuta agli avvenimenti napoleonici, Monteviale è tornato Comune – esordisce il comunicato di Monteviale -. Non aveva uno stemma. L’Amministrazione del 1972 ritenne che il simbolo più significativo da porre sullo stemma comunale fosse la rappresentazione dell’antico olmo che aveva troneggiato nella piazza del paese per secoli. L’albero, raccontano le cronache dell’epoca, era alto 29 metri ed accorrevano 5 uomini per abbracciarne il tronco. La vita sociale del paese si era svolta per secoli sotto la sua ombra e per questo, nello stemma, fu in seguito inserita la frase “in veteris ulmi umbra”. Ma l’albero si era ammalato, causa la grafiosi, malattia tipica di questa pianta, ed aveva iniziato a perdere dei rami con evidente pericolosità per edifici e persone. Nel 1920 si decise di abbatterlo e fu assai complicato. Nonostante le precauzioni, una parte cadde su una secolare
edicola religiosa distruggendone il tetto. L’altare e le statue rimaste illese furono collocate nel capitello in piazza, costruito allora ad hoc. Ma lo stemma non venne mai approvato dall’ “Ufficio del cerimoniale di Stato e per le onorificenze” di Palazzo Chigi. Il disegno originale era una quercia. Negli anni, il disegno venne cambiato, ma sembrava un pioppo. In ogni caso sempre senza approvazione e pertanto istituzionalmente non riconosciuto“.
Fin qui la storia più o meno remota; in tempi più recenti però la questione è stata ripresa, così “Negli anni 2007/13 – continua il Comunicato del Comune di Monteviale – , a fronte della irregolarità, l’Amministrazione presentò richiesta di approvazione all’Ufficio di Palazzo Chigi con un nuovo disegno“.
Il testo non specifica come mai ci vollero ben 5 anni per imbastire la pratica, nè quanto questo nuovo disegno fosse fedele o innovasse rispetto allo stemma in uso, ma pare ipotizzabile che riprendesse da vicino l’emblema arbitrariamente in uso fino a quel momento, e che dunque la pratica dovesse consistere sostanzialmente in una sorta di sanatoria.
“Infine – riprende il comunicato -, con DPR 19 agosto 2016 – dunque dopo tre anni dall’avvio della pratica ndr – è stato concesso lo stemma con una precisa descrizione di come dovesse essere il disegno“, ovvero con una blasonatura, ma – a quanto pare di capire, con scelta che ci appare insolita – senza che lo stesso DPR fosse accompagnato da idoneo bozzetto; ed infatti il comunicato di Monteviale prosegue affermando che “Il succitato Ufficio, con nota del 28/11/2016, chiese la conclusione della procedura con la consegna del disegno dello stemma approvato“.
Però solo dopo altri 8 anni “l’Amministrazione – riprende il comunicato in esame – ha dato seguito il 16/02/2023. Da quel giorno, con notevoli difficoltà anche grafiche (la legge prevede il disegno dello stemma in acquarello e occorreva uno specialista del settore), il Comune ha seguito la pratica che si è oggi conclusa con la consegna in Prefettura di Vicenza del Decreto e di tutta la documentazione ufficiale“. Concludendo – questa volta in tempi più rapidi – l’iter rimasto sospeso.
Va però notato che il comunicato aggiunge che “Lo stemma approvato è diverso da quelli irregolari utilizzati nel tempo“, facendo nascere il dubbio che l’emblema definitivamente catalogato nel 2024 possa presentare una qualche innovazione rispetto a quello concesso nel 2016.
Il testo del comunicato infine conclude con malcelata (e giustificata) soddisfazione “Ora procederemo alla manifattura del nuovo gonfalone comunale ed al cambio delle intestazioni dei documenti ufficiali. L’Amministrazione ringrazia il competete Ufficio di Palazzo Chigi per la costante, comprensiva attenzione e l’aiuto dato al buon esito della vicenda. Da oggi anche il nostro Comune ha il suo stemma con il ricordo della nostra storia“.
Scheda di approfondimento L’araldica civica italiana L’araldica è la scienza che studia gli stemmi, questi però sono raggruppabili in tre macro categorie, ovvero gli stemmi di persona e famiglia, gli stemmi ecclesiastici, e gli stemmi di enti. Quest’ultima categoria comprende in particolare gli enti territoriali, quali i comuni, le province, le regioni, e gli studi araldici ad essa dedicati, sono comunemente indicati come studi sull’araldica civica. Oggi in Italia solo questa categoria dell’araldica (o meglio gran parte di essa) è disciplinata e tutelata dallo Stato, e la normativa di riferimento è il Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 1 febbraio 2011, n.25 – Suppl. Ordinario n.26. Tale Decreto all’articolo 2 precisa che: sono destinatari delle disposizioni di cui al presente decreto: le regioni, le province, le città metropolitane, i comuni, le comunità montane, le comunità isolane, i consorzi, le unioni di comuni, gli enti con personalità giuridica, le banche, le fondazioni, le università, le società, le associazioni, le Forze armate ed i Corpi ad ordinamento civile e militare dello Stato. L’articolo 5 invece precisa le caratteristiche tecniche degli emblemi civici: 1) Lo scudo obbligatoriamente adottato per la costruzione degli stemmi è quello sannitico moderno … 2) Le province, i comuni insigniti del titolo di città ed i comuni dovranno collocare sopra lo stemma la corona a ciascuno spettante, come di seguito descritta: a) provincia: cerchio d’oro gemmato con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro e uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati e ricadenti all’infuori: b) comune insignito del titolo di città: corona turrita, formata da un cerchio d’oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d’oro e murato di nero: c) comune: corona formata da un cerchio aperto da quattro pusterle (tre visibili), con due cordonate a muro sui margini, sostenente una cinta, aperta da sedici porte (nove visibili), ciascuna sormontata da una merlatura a coda di rondine, il tutto d’argento e murato di nero: 3) Gli enti di cui all’articolo 2, diversi da provincia, comune insignito del titolo di città e comune, possono fregiare il proprio stemma con corone speciali di cui è studiata di volta in volta la realizzazione a cura dell’ Ufficio onorificenze e araldica. 4) Il gonfalone consiste in un drappo rettangolare di cm. 90 per cm. 180, del colore di uno o di tutti gli smalti dello stemma. Il drappo è sospeso mediante un bilico mobile ad un’asta ricoperta di velluto dello stesso colore, con bullette poste a spirale, e terminata in punta da una freccia, sulla quale sarà riprodotto lo stemma, e sul gambo il nome dell’ente. Il gonfalone ornato e frangiato è caricato, nel centro, dello stemma dell’ente, sormontato dall’iscrizione centrata (convessa verso l’alto) dell’ente medesimo. La cravatta frangiata deve consistere in nastri tricolorati dai colori nazionali. Le parti metalliche del gonfalone devono essere: argentate per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Analogamente i ricami, i cordoni, l’iscrizione e le bullette a spirale devono essere d’argento per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Il precedente articolo 4, fornisce inoltre delle indicazioni in merito ai motti: I motti devono essere scritti su liste bifide e svolazzanti dello stesso colore del campo dello scudo, con lettere maiuscole romane, collocate sotto la punta dello scudo. Non sono invece formalmente menzionate le fronde che accompagnano lo scudo ai lati per poi unirsi al di sotto della sua punta, ma il rinvio alla normativa preesistente per quanto non normato dal decreto in questione, oltre alla loro costante presenza nei bozzetti esemplificativi e nelle faq presenti sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri legittimano la comune interpretazione che esse siano previste, e lo siano con le caratteristiche indicate nelle suddette faq: 7) Le fronde che ornano lo scudo che ruolo hanno? Arricchiscono lo scudo ed effigiano l’alloro e la quercia, con le foglie di verde e con le drupe e le bacche d’oro; tali fronde si pongono legate in basso con un nastro tricolorato con i colori nazionali. Da annotare infine che il comma 1 dell’art. 4 del già richiamato DPCM del 28/01/2011 precisa che “Gli stemmi ed i gonfaloni storici delle province e dei comuni non possono essere modificati”. I disegni accompagnatori della presente scheda sono desunti dal testo del DPCM del 28/01/2011. Testo integrale del Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 . |
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