Regolarizzato lo stemma per Ronchi dei Legionari
Correva l’anno 2022, quando l’11 marzo l’amministrazione comunale di Ronchi dei Legionari, cittadina del goriziano che conta poco meno di 12.000 abitanti, annunciava con orgoglio di aver ottenuto dal Presidente della Repubblica il titolo di “città”.
L’ambito riconoscimento si inserisce nel contesto di attenzione verso l’araldica civica della comunità ronchese, che non a caso solo un anno prima aveva avviato l’inserimento dell’emblema cittadino anche sulla segnaletica onomastica delle vie cittadine.
La circostanza però fece emergere un’anomalia, infatti l’emblema civico in uso era frutto di una concessione austrungarica del 1912, di quando Ronchi faceva parte dell’Impero austriaco e non già dell’Italia, per la quale dunque era da considerarsi un emblema “improprio” se non abusivo.
Così nel mese di gennaio del 2023 la giunta comunale decise di iniziare il percorso atto ad ottenere una nuova concessione, questa volta da parte del Presidente della Repubblica Italiana, dello stemma cittadino, e con l’occasione definire formalmente le caratteristiche anche di gonfalone e bandiera civica.
La pratica fu affidata a risorse interne all’amministrazione comunale, nello specifico al Servizio Lavori Pubblici e Gestione del Territorio e Ambiente, e curata da Claudia Vasta e Marco Portelli, rispettivamente architetto progettista e ingegnere.
A distanza di poco più di un anno l’obiettivo è stato raggiunto, e lo scorso 22 maggio, in una cerimonia pubblica, il prefetto di Gorizia ha consegnato il Decreto Presidenziale di concessione.
La scelta dell’amministrazione comunale, condivisa dall’Ufficio Araldico presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stata quella di confermare sostanzialmente l’emblema del 1912, aggiornando sostanzialmente solo le ornamentazioni esterne, e adeguandole a quelle repubblicane italiane.
Chiudiamo con una postilla: allo stato attuale non si conoscono documenti che lo attestino in maniera incontrovertibile, e dunque non si può escludere categoricamente l’intervento del “caso”, ma è notevole come l’emblema del 1912 sia caratterizzato dai colori della bandiera italiana, cui le terre friulane comunque guardavano, ciò nonostante tale emblema fu comunque concesso dalle autorità austrungariche.
Scheda di approfondimento L’araldica civica italiana L’araldica è la scienza che studia gli stemmi, questi però sono raggruppabili in tre macro categorie, ovvero gli stemmi di persona e famiglia, gli stemmi ecclesiastici, e gli stemmi di enti. Quest’ultima categoria comprende in particolare gli enti territoriali, quali i comuni, le province, le regioni, e gli studi araldici ad essa dedicati, sono comunemente indicati come studi sull’araldica civica. Oggi in Italia solo questa categoria dell’araldica (o meglio gran parte di essa) è disciplinata e tutelata dallo Stato, e la normativa di riferimento è il Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 1 febbraio 2011, n.25 – Suppl. Ordinario n.26. Tale Decreto all’articolo 2 precisa che: sono destinatari delle disposizioni di cui al presente decreto: le regioni, le province, le città metropolitane, i comuni, le comunità montane, le comunità isolane, i consorzi, le unioni di comuni, gli enti con personalità giuridica, le banche, le fondazioni, le università, le società, le associazioni, le Forze armate ed i Corpi ad ordinamento civile e militare dello Stato. L’articolo 5 invece precisa le caratteristiche tecniche degli emblemi civici: 1) Lo scudo obbligatoriamente adottato per la costruzione degli stemmi è quello sannitico moderno … 2) Le province, i comuni insigniti del titolo di città ed i comuni dovranno collocare sopra lo stemma la corona a ciascuno spettante, come di seguito descritta: a) provincia: cerchio d’oro gemmato con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro e uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati e ricadenti all’infuori: b) comune insignito del titolo di città: corona turrita, formata da un cerchio d’oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d’oro e murato di nero: c) comune: corona formata da un cerchio aperto da quattro pusterle (tre visibili), con due cordonate a muro sui margini, sostenente una cinta, aperta da sedici porte (nove visibili), ciascuna sormontata da una merlatura a coda di rondine, il tutto d’argento e murato di nero: 3) Gli enti di cui all’articolo 2, diversi da provincia, comune insignito del titolo di città e comune, possono fregiare il proprio stemma con corone speciali di cui è studiata di volta in volta la realizzazione a cura dell’ Ufficio onorificenze e araldica. 4) Il gonfalone consiste in un drappo rettangolare di cm. 90 per cm. 180, del colore di uno o di tutti gli smalti dello stemma. Il drappo è sospeso mediante un bilico mobile ad un’asta ricoperta di velluto dello stesso colore, con bullette poste a spirale, e terminata in punta da una freccia, sulla quale sarà riprodotto lo stemma, e sul gambo il nome dell’ente. Il gonfalone ornato e frangiato è caricato, nel centro, dello stemma dell’ente, sormontato dall’iscrizione centrata (convessa verso l’alto) dell’ente medesimo. La cravatta frangiata deve consistere in nastri tricolorati dai colori nazionali. Le parti metalliche del gonfalone devono essere: argentate per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Analogamente i ricami, i cordoni, l’iscrizione e le bullette a spirale devono essere d’argento per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Il precedente articolo 4, fornisce inoltre delle indicazioni in merito ai motti: I motti devono essere scritti su liste bifide e svolazzanti dello stesso colore del campo dello scudo, con lettere maiuscole romane, collocate sotto la punta dello scudo. Non sono invece formalmente menzionate le fronde che accompagnano lo scudo ai lati per poi unirsi al di sotto della sua punta, ma il rinvio alla normativa preesistente per quanto non normato dal decreto in questione, oltre alla loro costante presenza nei bozzetti esemplificativi e nelle faq presenti sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri legittimano la comune interpretazione che esse siano previste, e lo siano con le caratteristiche indicate nelle suddette faq: 7) Le fronde che ornano lo scudo che ruolo hanno? Arricchiscono lo scudo ed effigiano l’alloro e la quercia, con le foglie di verde e con le drupe e le bacche d’oro; tali fronde si pongono legate in basso con un nastro tricolorato con i colori nazionali. Da annotare infine che il comma 1 dell’art. 4 del già richiamato DPCM del 28/01/2011 precisa che “Gli stemmi ed i gonfaloni storici delle province e dei comuni non possono essere modificati”. I disegni accompagnatori della presente scheda sono desunti dal testo del DPCM del 28/01/2011. Testo integrale del Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 . |