Lo stemma di Como sotto i riflettori

L’estate 2023 passerà alla storia dell’araldica anche per le discussioni sorte attorno allo stemma della città di Como, stemma invero antichissimo e molto popolare, ma oggetto di successivi riconoscimenti e concessioni anche in tempi recenti (da ultimo il Decreto del Presidente della Repubblica emesso nel 1979 per la concessione del gonfalone).

Come spesso accade, in presenza di una lunga vicenda storica che interessa un emblema araldico, si crea anche una complessa stratificazione di usi, modifiche, varianti, per lo più alimentate da errori o da semplice non conoscenza della materia da parte di chi pure a vario titolo si trova ad interessarsene.

Causa primaria delle confusioni araldiche è il criterio tipico di questa disciplina della “soggettività araldica”, ovvero di una notevole libertà raffigurativa da parte di chi lo stemma lo deve riprodurre, perchè in araldica ciò che conta è l’essenza delle sue figure e dei suoi colori, non la lro esatta raffigurazione o i le loro tonalità.

Altro elemento spesso difficile da comprendere per i contemporanei è poi l’irrilevanza araldica della sagoma dello scudo, che resta tranquillamente intercambiabile e modificabile ad ogni riproduzione.

E proprio tali concetti sembrano essere la causa della discussione sorta a Como ed ispirata dal suo primo cittadino, che ha rilevato delle differenze raffigurative tra lo stemma abitualmente utilizzato (e concesso dal governo Mussolini nel 1936), e l’emblema riprodotto sul gonfalone (a sua volta concesso nel 1979).

Alla questione Carletto Genovese – componente di spicco del gruppo Araldica Civica, e che all’araldica comasca ha dedicato studi e pubblicazioni – ha dedicato un articolato studio messo on line sul proprio sito: Studio di Carletto Genovese


Scheda di approfondimento
L’araldica civica italiana

Stemma vuoto di comune

L’araldica è la scienza che studia gli stemmi, questi però sono raggruppabili in tre macro categorie, ovvero gli stemmi di persona e famiglia, gli stemmi ecclesiastici, e gli stemmi di enti.

Quest’ultima categoria comprende in particolare gli enti territoriali, quali i comuni, le province, le regioni, e gli studi araldici ad essa dedicati, sono comunemente indicati come studi sull’araldica civica.

Oggi in Italia solo questa categoria dell’araldica (o meglio gran parte di essa) è disciplinata e tutelata dallo Stato, e la normativa di riferimento è il Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 1 febbraio 2011, n.25 – Suppl. Ordinario n.26.

Tale Decreto all’articolo 2 precisa che: sono destinatari delle disposizioni di cui al presente decreto: le regioni, le province, le città metropolitane, i comuni, le comunità montane, le comunità isolane, i consorzi, le unioni di comuni, gli enti con personalità giuridica, le banche, le fondazioni, le università, le società, le associazioni, le Forze armate ed i Corpi ad ordinamento civile e militare dello Stato.

L’articolo 5 invece precisa le caratteristiche tecniche degli emblemi civici:

1) Lo scudo obbligatoriamente adottato per la costruzione degli stemmi è quello sannitico moderno …

2) Le province, i comuni insigniti del titolo di città ed
i comuni dovranno collocare sopra lo stemma la corona a
ciascuno spettante, come di seguito descritta:
a) provincia: cerchio d’oro gemmato con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro e
uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati
e ricadenti all’infuori:

Corona di Provincia
b) comune insignito del titolo di città: corona turrita,
formata da un cerchio d’oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d’oro e murato di nero:

Corona di città
c) comune: corona formata da un cerchio aperto da
quattro pusterle (tre visibili), con due cordonate a muro
sui margini, sostenente una cinta, aperta da sedici porte
(nove visibili), ciascuna sormontata da una merlatura a
coda di rondine, il tutto d’argento e murato di nero:

Corona Comune

3) Gli enti di cui all’articolo 2, diversi da provincia, comune insignito del titolo di città e comune, possono fregiare il proprio stemma con corone speciali di cui è studiata di volta in volta la realizzazione a cura dell’ Ufficio onorificenze e araldica.

4) Il gonfalone consiste in un drappo rettangolare di cm. 90 per cm. 180, del colore di uno o di tutti gli smalti dello stemma. Il drappo è sospeso mediante un bilico mobile ad un’asta ricoperta di velluto dello stesso colore, con bullette poste a spirale, e terminata in punta da una freccia, sulla quale sarà riprodotto lo stemma, e sul gambo il nome dell’ente. Il gonfalone ornato e frangiato è caricato, nel centro, dello stemma dell’ente, sormontato dall’iscrizione centrata (convessa verso l’alto) dell’ente medesimo. La cravatta frangiata deve consistere in nastri tricolorati dai colori nazionali. Le parti metalliche del gonfalone devono essere: argentate per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Analogamente i ricami, i cordoni, l’iscrizione e le
bullette a spirale devono essere d’argento per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città.

Gonfalone comunale

Il precedente articolo 4, fornisce inoltre delle indicazioni in merito ai motti: I motti devono essere scritti su liste bifide e svolazzanti dello stesso colore del campo dello scudo, con lettere maiuscole romane, collocate sotto la punta dello scudo.

Non sono invece formalmente menzionate le fronde che accompagnano lo scudo ai lati per poi unirsi al di sotto della sua punta, ma il rinvio alla normativa preesistente per quanto non normato dal decreto in questione, oltre alla loro costante presenza nei bozzetti esemplificativi e nelle faq presenti sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri legittimano la comune interpretazione che esse siano previste, e lo siano con le caratteristiche indicate nelle suddette faq: 7) Le fronde che ornano lo scudo che ruolo hanno? Arricchiscono lo scudo ed effigiano l’alloro e la quercia, con le foglie di verde e con le drupe e le bacche d’oro; tali fronde si pongono legate in basso con un nastro tricolorato con i colori nazionali.

Da annotare infine che il comma 1 dell’art. 4 del già richiamato DPCM del 28/01/2011 precisa che “Gli stemmi ed i gonfaloni storici delle province e dei comuni non possono essere modificati”.

I disegni accompagnatori della presente scheda sono desunti dal testo del DPCM del 28/01/2011.

Testo integrale del Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011
.

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6 Settembre 2023
Giovanni Moneta

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