Il “nuovo” stemma di Lugo
Nella seduta del 9 marzo scorso il Consiglio Comunale di Lugo, in provincia di Ravenna, ha deliberato all’unanimità la revisione statutaria per l’adozione dei nuovi stemma e gonfalone che presentano ora gli ornamenti esteriori propri dei Comuni che hanno ricevuto il titolo onorifico di “Città”. È quindi giunto a conclusione il percorso avviato a settembre scorso per la modifica degli emblemi araldici del Comune di Lugo.
Per esprimere la posizione favorevole sono intervenuti i consiglieri Giacomo Baldini (Pd), Roberta Bravi (Per la Buona Politica), Fabio Cortesi (Lega Romagna – Salvini Premier), Fabrizio Lolli (Gruppo Misto), Stefano Scardovi (Insieme per Lugo).
La decisione ha preso le mosse dalle ricerche svolte dall’Archivio Storico Comunale diretto da Francesca Del Giacco: Lugo ha ricevuto il titolo di città nel 1817 da papa Pio VII (Barnaba Chiaramonti da Cesena, in carica dal 21 marzo 1800 al 20 agosto 1823) sostanzialmente quale premio per la fedeltà mostrata al governo pontificio in occasione dell’insorgenza del 30 giugno 1796, quando parte della popolazione lughese si ribellò alle truppe rivoluzionarie francesi e ai commissari del neo costituito governo repubblicano.
Simbolo dei valori e della tradizione della comunità, la modifica degli emblemi araldici si inserisce nell’ottica di un più ampio e rinnovato senso civico e più in generale della volontà espressa dal Consiglio Comunale di riscoprire e valorizzare il patrimonio archivistico quale testimonianza e memoria della storia di Lugo e dei suoi cittadini.
Il sindaco Davide Ranalli: “Ringrazio tutti i consiglieri e la dott.ssa Del Giacco per il suo lavoro. In queste decisioni l’unanimità è un risultato non scontato ma molto importante che segna la volontà comune di tutte le forze politiche di lavorare sui temi identitari della nostra città, un bel risultato anche per i nostri cittadini.”.
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Va qui ricordato che l’uso del titolo di “Città” necessita sempre di una specifica “concessione” da parte dello Stato Italiano, anche quando tale titolo sia già di pacifico uso da tempi antecedenti l’unità d’Italia. Al momento il nostro giornale non ha ancora trovato traccia di tale “concessione”.
Scheda di approfondimento L’araldica civica italiana L’araldica è la scienza che studia gli stemmi, questi però sono raggruppabili in tre macro categorie, ovvero gli stemmi di persona e famiglia, gli stemmi ecclesiastici, e gli stemmi di enti. Quest’ultima categoria comprende in particolare gli enti territoriali, quali i comuni, le province, le regioni, e gli studi araldici ad essa dedicati, sono comunemente indicati come studi sull’araldica civica. Oggi in Italia solo questa categoria dell’araldica (o meglio gran parte di essa) è disciplinata e tutelata dallo Stato, e la normativa di riferimento è il Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 1 febbraio 2011, n.25 – Suppl. Ordinario n.26. Tale Decreto all’articolo 2 precisa che: sono destinatari delle disposizioni di cui al presente decreto: le regioni, le province, le città metropolitane, i comuni, le comunità montane, le comunità isolane, i consorzi, le unioni di comuni, gli enti con personalità giuridica, le banche, le fondazioni, le università, le società, le associazioni, le Forze armate ed i Corpi ad ordinamento civile e militare dello Stato. L’articolo 5 invece precisa le caratteristiche tecniche degli emblemi civici: 1) Lo scudo obbligatoriamente adottato per la costruzione degli stemmi è quello sannitico moderno … 2) Le province, i comuni insigniti del titolo di città ed i comuni dovranno collocare sopra lo stemma la corona a ciascuno spettante, come di seguito descritta: a) provincia: cerchio d’oro gemmato con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro e uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati e ricadenti all’infuori: b) comune insignito del titolo di città: corona turrita, formata da un cerchio d’oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d’oro e murato di nero: c) comune: corona formata da un cerchio aperto da quattro pusterle (tre visibili), con due cordonate a muro sui margini, sostenente una cinta, aperta da sedici porte (nove visibili), ciascuna sormontata da una merlatura a coda di rondine, il tutto d’argento e murato di nero: 3) Gli enti di cui all’articolo 2, diversi da provincia, comune insignito del titolo di città e comune, possono fregiare il proprio stemma con corone speciali di cui è studiata di volta in volta la realizzazione a cura dell’ Ufficio onorificenze e araldica. 4) Il gonfalone consiste in un drappo rettangolare di cm. 90 per cm. 180, del colore di uno o di tutti gli smalti dello stemma. Il drappo è sospeso mediante un bilico mobile ad un’asta ricoperta di velluto dello stesso colore, con bullette poste a spirale, e terminata in punta da una freccia, sulla quale sarà riprodotto lo stemma, e sul gambo il nome dell’ente. Il gonfalone ornato e frangiato è caricato, nel centro, dello stemma dell’ente, sormontato dall’iscrizione centrata (convessa verso l’alto) dell’ente medesimo. La cravatta frangiata deve consistere in nastri tricolorati dai colori nazionali. Le parti metalliche del gonfalone devono essere: argentate per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Analogamente i ricami, i cordoni, l’iscrizione e le bullette a spirale devono essere d’argento per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Il precedente articolo 4, fornisce inoltre delle indicazioni in merito ai motti: I motti devono essere scritti su liste bifide e svolazzanti dello stesso colore del campo dello scudo, con lettere maiuscole romane, collocate sotto la punta dello scudo. Non sono invece formalmente menzionate le fronde che accompagnano lo scudo ai lati per poi unirsi al di sotto della sua punta, ma il rinvio alla normativa preesistente per quanto non normato dal decreto in questione, oltre alla loro costante presenza nei bozzetti esemplificativi e nelle faq presenti sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri legittimano la comune interpretazione che esse siano previste, e lo siano con le caratteristiche indicate nelle suddette faq: 7) Le fronde che ornano lo scudo che ruolo hanno? Arricchiscono lo scudo ed effigiano l’alloro e la quercia, con le foglie di verde e con le drupe e le bacche d’oro; tali fronde si pongono legate in basso con un nastro tricolorato con i colori nazionali. Da annotare infine che il comma 1 dell’art. 4 del già richiamato DPCM del 28/01/2011 precisa che “Gli stemmi ed i gonfaloni storici delle province e dei comuni non possono essere modificati”. I disegni accompagnatori della presente scheda sono desunti dal testo del DPCM del 28/01/2011. Testo integrale del Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 . |
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