Vittorio Emanuele scrive ad Aimone
Vittorio Emanuele di Savoia, capo del ramo primogenito dell’attuale casato ex sovrano d’Italia, ha scritto una lettera pubblica al cugino-nipote Aimone di Savoia (noto anche come Aimone di Savoia-Aosta), capo di un ramo cadetto del casato che però in virtù delle storiche leggi dinastiche di Casa Savoia, rivendica il ruolo di capo del casato e di pretendente al trono d’Italia.
Una lettera che in qualche modo invita alla riconciliazione i due rami della famiglia, ma rivendicando il ruolo di capo-pretendente al trono, per se e per a sua discendenza; una lettera che cita il sito Internet di recente attivazione da parte di Aimone, e che – per ragioni anagrafiche – contiene quello che Vittorio Emanuele indica come suo “ultimo appello all’unità familiare“.
Di seguito il testo integrale del documento:
Ginevra, 16 ottobre 2022
Caro Aimone,
sono costretto mio malgrado a tornare su questioni sulle quali ho a lungo taciuto e su cui non vorrei più essere costretto ad intervenire, soprattutto in un momento così complesso per la nostra Patria, dove l’attenzione di tutti noi è giustamente indirizzata a ben altre urgenze.
Tuttavia, se sono indotto a farlo, è perché, negli ultimi giorni, ho preso visione di alcuni atti da Te resi pubblici e che suscitano la mia profonda perplessità. Ancora una volta, essi vanno nella direzione di proseguire in quella insensata contrapposizione dinastica che auspico sia superata dall’incontrovertibilità dei fatti, dal buon senso e anche da un rinnovato spirito di unità familiare.
Mi vedo quindi obbligato a intervenire con questa lettera che desidero sia resa pubblica, per chiarire di fronte a familiari, amici ed a coloro che guardano con rispetto alla nostra Casa, le responsabilità di ognuno.
Come ho manifestato pubblicamente anche qualche giorno fa, nel corso del Capitolo Generale degli Ordini Dinastici di Casa Savoia tenutosi a Ginevra, le Tue dichiarazioni rilasciate nel mese di luglio in un’intervista ad un noto settimanale italiano, rappresentavano per me un importante segnale pacificatorio. Un gesto che non significava in alcun modo imporTi di rinnegare alcune dirompenti scelte paterne che, pur nel rispetto e nell’affetto che nutro per la memoria di Tuo Padre Amedeo, ovviamente non ho potuto in passato che stigmatizzare in quanto lesive dell’unità di Casa Savoia e che da sempre rappresentano la migliore arma a disposizione di quanti traggono godimento nel vedere la nostra Famiglia in dissidio. Dichiaravi in questa intervista: “Basta litigare con mio cugino Vittorio Emanuele, difendiamo insieme la dinastia”. Sono completamente d’accordo.
Come sai e come ho avuto modo di manifestarTi lo scorso anno, nel corso di un colloquio telefonico, ho sempre condiviso questo auspicio di unità. Da parte mia e come hai del resto avuto modo di riscontrare quale nuovo Duca d’Aosta, non vi è mai stato un atto ostile, anzi la nostra conversazione di qualche mese fa e il Tuo incontro con mio figlio Emanuele Filiberto in Russia sembravano andare nella direzione di portare a un intelligente superamento di tale dannosa contrapposizione.
Ho tuttavia visionato atti, documenti e pagine web (tra cui un nuovo sito) che mi pare ripropongano sic et simpliciter il vecchio schema della sterile opposizione che spesso è stata alimentata da entrambe le parti non tanto da noi, quanto da persone che hanno in molti casi saltabeccato tra i due rami della Famiglia negli ultimi quarant’anni – a seconda del momento – seguendo solo la propria convenienza nel ricercare interessi personali.
In particolare, vedo con rammarico come venga riproposta a ogni piè sospinto una presunta corrispondenza privata tra il sottoscritto e il Re mio Padre, su cui non sono mai intervenuto. Lo faccio malvolentieri poiché sono stanco di leggere fantasiose ricostruzioni da parte di persone che Umberto II nemmeno ha mai incontrato. In tale lettera del 1960, peraltro non riguardante mia moglie, scriveva per di più il Re: “[…] Siffatta irrevocabile decisione [un’eventuale esclusione dalla successione], a cui dovrei giungere con dolore, ma con fermezza, sarebbe da me comunicata ai singoli componenti della nostra casa, a tutti i Sovrani e ai Capi delle famiglie Reali, nonché portata a conoscenza degli Italiani, relativamente anche alla tua decadenza dall’attuale titolo di principe di Napoli”. Mio Padre era molto scrupoloso e preciso su tutto questo: essendo Suo figlio, più d’ogni altro conosco il rigore (Lui la definì per l’appunto ‘fermezza’) con cui avrebbe dato seguito a eventuali provvedimenti in tal senso; tale condizione, come ben sai, non si è mai verificata. Anzi, il battesimo di mio figlio, dieci anni prima della Sua scomparsa, è stata l’occasione in cui la Famiglia ha potuto veramente ritrovarsi. Una situazione confermata negli anni successivi da alcuni inequivocabili gesti di Umberto II, soprattutto pubblici, visibili e documentati, non frutto di supposizioni o di singolari ricostruzioni, come ad esempio il Suo ultimo discorso pubblico a Beaulieu-sur-Mer, il 4 giugno 1978, e che molti chiamano il Suo “testamento agli Italiani”, dove volle accanto a sé anche mia moglie.
In ultimo, come ho raccontato più volte, mio Padre, che ho assistito insieme alle mie Sorelle nei Suoi dolorosi ultimi mesi di vita tra Londra e Ginevra, mi affidò poco prima di morire questo compito: “Prenditi cura della nostra Famiglia, affida il mio Collare della Santissima Annunziata a Emanuele Filiberto e porta avanti Casa Savoia”.
Io non intendo recedere da questo retaggio che Umberto II mi ha trasmesso e che ho sempre cercato di onorare dal 1983 a oggi, pur tra mille difficoltà, quale Capo famiglia, ruolo che del resto fu ratificato da mia Madre e dalle mie Sorelle all’indomani della scomparsa del Sovrano e confermato da Tuo Padre, almeno fino al 2006, in molte circostanze.
Proprio perché comprendo il profondo amore che nutri per Tuo Padre Amedeo, puoi capire perfettamente i miei sentimenti quando leggo queste strampalate narrazioni sui rapporti tra il sottoscritto e il mio Augusto Genitore da parte di persone a me del tutto sconosciute che continuano a guardare attraverso il buco della serratura, indagando questioni familiari che dovremmo essere soltanto noi – la Famiglia – a trattare.
Sono certo che sia desiderio di tutti coloro che guardano con fiducia e affetto a Casa Savoia poter finalmente dare un senso a quanto auspico da anni e alle Tue parole di luglio, ma per far questo è opportuno e non più rinviabile mettere finalmente fine a certe piccinerie che, nei fatti, rappresentano l’alimento di tale contrapposizione dinastica.
È giusto che tutti sappiano come da parte mia non solo non vi sia alcuna ostilità nei Tuoi confronti, ma un sincero affetto: le mie braccia saranno sempre aperte per costruire qualcosa di utile, nella custodia della memoria dinastica e nella giusta distinzione dei ruoli. Ma richiamare il motto “L’Italia innanzitutto” non può essere soltanto un esercizio retorico.
Ad esempio, i nostri Ordini Dinastici, sparsi in tutto il mondo con decine di Delegazioni, realizzano molte opere benefiche nel nome di Casa Savoia, portando un messaggio di speranza ovunque ve ne sia bisogno, attualizzando i grandi valori della tradizione cavalleresca. Si tratta di una realtà tangibile e concreta che ho voluto consolidare nel tempo attraverso una paziente e impegnativa opera quotidiana, raccogliendola dalle mani del Re mio Padre e il cui lavoro non può interrompersi.
Nel 1973, in occasione del Capitolo per i quattrocento anni dall’istituzione dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro al quale come Principe Ereditario fui accanto al mio Genitore (era presente anche Tuo Padre, insieme ad altri Principi della nostra Casa), il Sovrano affidò a noi Cavalieri il compito di perpetuare la grande eredità mauriziana. Del resto, si tratta di una realtà che anche il compianto Amedeo conobbe molto bene, poiché nei decenni successivi, Tuo Padre fu spesso presente ai successivi Capitoli da me convocati e nel 1988 fui ben lieto di concedere a sua moglie Silvia la Gran Croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, esattamente come sarei felicissimo di poter oggi accogliere in seno ai nostri Ordini la Tua consorte e, quando ne avranno l’età, i Tuoi figli.
Giunto a ottantacinque anni e a circa quarant’anni da quando sono stato chiamato a succedere al mio Augusto Genitore, è più che mai mio preciso dovere, oggi, formulare questo ultimo appello all’unità familiare.
Sento il bisogno di chiederTi di accompagnare mio figlio Emanuele Filiberto, anche in vista del compito che lo attende, perché ritengo che insieme possiate fare molto per il futuro di Casa Savoia.
Credo sia possibile compiere insieme dei passi in avanti, ma che tutti sappiano che la pace la si costruisce in due e non posso farlo soltanto io.
Con affetto e considerazione.
Vittorio Emanuele
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Scheda di approfondimento Disputa dinastica Casa Savoia Il ruolo di Capo di Casa Savoia, e dunque di Pretendente al Trono d’Italia, è oggi oggetto di una disputa tra i rappresentanti di due rami dello stesso casato, quello primogenito oggi rappresentato da Vittorio Emanuele di Savoia (figlio di Umberto II, ultimo re d’Italia, e padre di Emanuele Filiberto) e quello cadetto dei Savoia-Aosta, oggi rappresentato da Aimone di Savoia-Aosta. Il matrimonio controverso A giustificare l’apertura del contenzioso, il matrimonio contratto da Vittorio Emanuele di Savoia civilmente nel 1970 e religiosamente nel 1971, con Marina Doria. Tale matrimonio infatti avvenne senza consenso da parte di Umberto II (in quel momento capo della Real Casa), con una donna priva di un’adeguato stato nobiliare; tali circostanze secondo le leggi dinastiche di Casa Savoia decretano l’immediata decadenza del principe contraente il matrimonio da qualsiasi titolo e diritto di successione per sé e per la sua discendenza. Conseguentemente il titolo di Capo di Casa Savoia e Pretendente al Trono d’Italia spetterebbe ad Aimone di Savoia-Aosta. Vittorio Emanuele contesta sotto diversi punti di vista le rivendicazioni del ramo cadetto del casato, ed in particolare sostiene che con l’entrata in vigore della Costituzione Repubblicana, le leggi di successione per la Casa Reale previste dal Regno d’Italia, siano decadute e non producano più effetti civili nei riguardi dell’ex Casa Reale. La modifica delle norme successorie Più recentemente la disputa è stata alimentata anche da un decreto di Vittorio Emanuele del 28 dicembre 2019, che come nel caso anche di altre case regnanti europee, ha sostanzialmente abrogato la legge salica, modificando le leggi successorie del casato e consentendo la successione femminile, con la motivazione di doversi adeguare “alle norme comunitarie sull’uguaglianza di genere“. Il decreto è stato contestato dai Savoia-Aosta in quanto Vittorio Emanuele essendo decaduto dal ruolo di Capo di Casa Savoia non avrebbe avuto i titoli per poterlo emettere, non avrebbe comunque seguito le procedure necessarie, e sarebbe motivato unicamente dall’esigenza di consentire la successione alle sue nipoti (Emanuele Filiberto, figlio di Vittorio Emanuele, ha avuto due figlie femmine e nessun maschio). Infatti in assenza di tale decreto in futuro ad Emanuele Filiberto nel ruolo di Capo della Real Casa e di Pretendente al Trono d’Italia subentrerebbe comunque la discendenza maschile del ramo Savoia-Aosta. *** Gli stralci pertinenti alla disputa, delle leggi dinastiche del casato, in materia successoria: > Regie lettere patenti del 13 settembre 1780, emanate da Vittorio Amedeo III: Art. 1. Non sarà lecito a Principi del Sangue contrarre matrimonio senza prima ottenere il permesso Nostro o dei reali nostri successori, e mancando alcuni di essi a questo indispensabile dovere soggiacerà a quei provvedimenti, che da Noi o da reali successori, si stimeranno adatti al caso. Art. 2. Se nell’inadempimento di questa obbligazione si aggiungesse la qualità di matrimonio contratto con persona di condizione e stato inferiore, tanto i contraenti che i discendenti da tale matrimonio si intenderanno senz’altro decaduti dal possesso dei beni e dei diritti provenienti dalla Corona e dalla ragione di succedere nei medesimi, come pure da ogni onorificenza e prerogativa della Famiglia. Art. 3. Quando però il riflesso di qualche singolare circostanza determinasse Noi, od i reali nostri successori, a lasciare che si contragga matrimonio disuguale, riserviamo in tale caso alla sovrana autorità di prescrivere per gli effetti di esso le condizioni, e cautele, che dovranno osservarsi. >Regio editto del 16 luglio 1782, anch’esso emanato da Vittorio Amedeo III: Art. 10. I maritaggi dei Principi della nostra Casa, interessando essenzialmente il decoro della Corona ed il bene dello Stato, non potranno perciò contrarsi senza la permissione Nostra, o dei Reali successori, e mancando alcuni di essi Principi a questo indispensabile dovere, soggiacerà a quei provvedimenti, che all’occorrenza dei casi, sì da Noi, che dà Reali successori verranno ordinati, anche a tenore delle Patenti Nostre del 13 settembre 1780, con riserva pure di accompagnare le permissioni con le condizioni che si giudicheranno proprie e convenienti. >Statuto Albertino del 4 marzo 1848: Art. 2. Lo Stato è retto da un Governo Monarchico Rappresentativo. Il Trono è ereditario secondo la legge salica. >Codice Civile del 2 aprile 1865: Art. 69. Per la validità dei matrimoni dei Principi e delle Principesse Reali è richiesto l’assenso del Re. Art. 81. Il consenso degli ascendenti, qualora non sia dato personalmente davanti l’uffiziale civile, deve constare da atto autentico, il quale contenga la precisa indicazione tanto dello sposo al quale si dà il consenso, quanto dell’altro. >Codice Civile del 16 marzo 1942: Art. 92. Per la validità dei matrimoni dei Principi e delle Principesse Reali è richiesto l’assenso del Re Imperatore. . |
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