I Cavalieri del Lavoro al Quirinale
Si è svolta ieri mattina, lunedì 10 ottobre, al Palazzo del Quirinale, la cerimonia di consegna delle onorificenze dell’Ordine “Al Merito del Lavoro” ai Cavalieri nominati il 2 giugno 2022.
Hanno preso la parola il Vice Presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, Lorenzo Sassoli De Bianchi, e il Ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti.
Il Presidente della Repubblica, dopo aver consegnato le insegne ai Cavalieri del Lavoro e gli attestati d’onore ai nuovi Alfieri del Lavoro, ha pronunciato un discorso.
Erano presenti il Presidente del Senato della Repubblica, Maria Elisabetta Alberti Casellati, la Presidente della Corte Costituzionale, Silvana Sciarra, il Vice Presidente della Camera dei Deputati, Andrea Mandelli, rappresentanti del Governo, del Parlamento e del mondo dell’imprenditoria.
In precedenza il Presidente Mattarella aveva consegnato il distintivo d’oro ai Cavalieri del Lavoro che appartengono all’Ordine da 25 anni.
IL DISCORSO DEL PRESIDENTE MATTARELLA
Rivolgo un saluto molto cordiale alle presidenti del Senato e della Corte costituzionale, al vicepresidente della Camera, al ministro del lavoro, al presidente del CNEL, a tutti i presenti.
Ringrazio il ministro dello sviluppo economico, Giorgetti, e il vicepresidente della Federazione.
Saluto i Cavalieri che hanno raggiunto i venticinque anni dal riconoscimento.
E saluto, naturalmente, con grande cordialità, i nuovi Cavalieri del lavoro, che con il loro impegno danno forza alla nostra economia e alla nostra società, contribuendo alla crescita civile dell’Italia e al suo prestigio nel mondo, con l’innovazione di cui sono protagonisti e con i posti di lavoro creati.
I complimenti più grandi ai giovani Alfieri del Lavoro che hanno raggiunto livelli di eccellenza nel loro percorso di studio.
La suggestione di questa cerimonia proviene dall’incontro tra uomini e donne di impresa che hanno saputo conquistare posizioni di rilievo e giovani che promettono di mettere a frutto risorse di intelligenza e di creatività.
L’incontro fra generazioni, la trasmissione delle esperienze, l’investimento di fiducia sui più giovani rappresentano momenti preziosi di una società che vuole essere dinamica e giusta, capace di tenere insieme i valori fondativi e la necessaria spinta al futuro.
In questo modo si contribuisce alla coesione sociale.
E di coesione, di senso della comunità, abbiamo molto bisogno.
È un fattore primario di sicurezza.
Ci unisce e difende nei momenti e nei passaggi più difficili, come ha sottolineato poc’anzi il vicepresidente Sassoli de Bianchi.
Ci consente di procedere più spediti nelle fasi di crescita.
L’esperienza della dura crisi che abbiamo attraversato, con le drammatiche conseguenze della pandemia, ci ha insegnato che la solidarietà interna ed europea, il sostegno a chi si trova nel maggiore bisogno, gli interventi volti a curare le ferite sociali sono fattori di resilienza essenziali per la ripartenza, per la tenuta delle istituzioni democratiche e per l’equilibrio degli stessi mercati economici.
Adesso una nuova crisi umanitaria e politica, per certi aspetti ancora più grande, ha colpito l’Europa.
Una guerra sciagurata, che la Federazione Russa ha scatenato arrogandosi un inaccettabile diritto di aggressione, lascia ogni giorno una scia di morte e distruzione, di odio, che inquina anche ogni campo delle attività civili e delle relazioni.
La pace è urgente e necessaria.
La via per costruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino.
L’Europa è un bersaglio di questa guerra.
Ne sono sfidati i principi di civiltà, i valori che si sono affermati come risposta dei popoli alla barbarie della Seconda guerra mondiale e delle dittature che l’hanno provocata.
Anche per questo l’Europa ha il dovere di una risposta unitaria e coerente.
Ne è stata all’altezza con le sanzioni economiche alla Russia, con il sostegno alla resistenza dell’Ucraina e ai bisogni materiali della sua popolazione.
Vediamo, tuttavia, che la nostra Europa fatica a esprimere una politica di solidarietà e di coesione sulle conseguenze economiche e sociali di questa guerra.
Assistiamo a un’impennata dei prezzi dell’energia che è attribuibile soltanto in parte a scarsità di approvvigionamenti, ma trova radice in azioni speculative che minacciano la vita di migliaia di aziende e mettono in allarme tantissime famiglie.
A questo va posto rimedio.
Si palesano i rischi di emarginazione sociale, di recessione, di inflazione, con impoverimento della base produttiva del Paese. Nel nostro, come in tutti i Paesi europei.
L’Unione europea ha saputo rispondere con forti iniziative comuni alla pandemia e ai duri contraccolpi sociali ed economici che ne sono derivati.
Lo ha fatto con scelte coraggiose, di portata e contenuti inediti.
Si è trattato di una svolta maturata proprio nel segno della condivisione dei rischi e delle politiche necessarie alla ripartenza.
Questa scelta ha dato respiro all’Unione europea, riconciliando anche le istituzioni con i suoi cittadini.
Non c’era stata analoga capacità durante le crisi finanziarie – di portata globale – degli anni Duemila.
Con la pandemia l’Europa ha dimostrato di saper imparare dai propri errori e di voler governare le condizioni difficili.
Occorre proseguire con questo intento anche nell’attuale crisi.Le ragioni del mercato dell’energia sembrano creare ostacoli, ma la responsabilità delle istituzioni è esattamente quella di rimuoverli.
Soltanto l’Unione Europea ha la forza per farlo, intervenendo sugli automatismi dei prezzi, sui rialzi spropositati, sulle speculazioni intollerabili a danno dei cittadini: imprese e famiglie vanno protette nelle fasi più acute della crisi perché diversamente si pregiudica il domani.
Come è avvenuto con la pandemia, vanno progettati fin d’ora, e messi in campo, gli strumenti per favorire la ripresa.
Il raffreddamento dei prezzi delle materie prime energetiche deve combinarsi con il potenziamento del Piano europeo per l’energia che, con il coinvolgimento della Banca Europea degli Investimenti, è stato messo in campo per affrontare la crisi.
Comprendendo che l’illusione di risposte nazionali su questo terreno è destinata a restare tale, l’Europa ha deciso di adottare politiche straordinarie per accompagnare la ripartenza e per accelerare verso la sostenibilità e l’innovazione, in modo da rendere il Continente un’avanguardia dell’economia di domani.
E ha puntato sull’Italia, alla quale è stato accordato il pacchetto finanziario più consistente nel finanziamento ai Piani nazionali di ripresa e resilienza.
Non possiamo perdere questa sfida.
È stato compiuto il primo tratto del percorso, si deve proseguire rispettando tempi e impegni.
Non possiamo dissipare questa opportunità di rinnovamento e di sviluppo, che è utile per correggere storture antiche e accelerare le necessarie correzioni strutturali alla nostra economia.
Ne va, anche, del nostro ruolo in Europa, che deve essere trainante.
Essere imprenditori di successo richiede di essere consapevoli del contesto in cui si opera.
Come ci ha appena ricordato il ministro Giorgetti, oggi si celebra il lavoro, con lo sguardo all’impegno dei giovani.
Con il lavoro vostro, e dei collaboratori che vi affiancano, avete generato opportunità e benessere.
La qualità del nostro modello di vita è largamente plasmata dal valore sociale delle imprese, elemento fortemente sottolineato dalla nostra Costituzione.
Istituzioni, imprese, corpi sociali: tutti hanno una funzione e una responsabilità nella ripartenza economica e sociale.
Alle imprese il compito della innovazione della base produttiva, di dare corpo alla crescita.
La Repubblica riconosce e apprezza il loro ruolo. Dalla loro attività dipendono in larga misura i progetti di vita delle famiglie italiane.
Ci presentiamo con risultati straordinari di crescita del Prodotto interno lordo.
Vi ha accennato poc’anzi il vicepresidente della Federazione Cavalieri del Lavoro.
A consuntivo, per incremento di Pil rispetto al quarto trimestre 2019 – antecedente lo scoppio della pandemia – siamo la terza economia del G7, dopo Stati Uniti e Canada.
Pesano oggi nuove incognite, si preconizzano orizzonti foschi, ma occorre saper partire da questi eccellenti risultati ottenuti per costruire con fiducia il futuro.
Molte aziende italiane sono avanguardie di innovazione.
Si trovano nei gruppi di testa di comparti produttivi.
Tutto questo ci incoraggia sulle nostre capacità e potenzialità. Per rendere più moderno il Paese, recuperando anche le energie sottoutilizzate, a partire dalle aree di desertificazione produttiva e di strutturale carenza di servizi che rappresentano un impedimento per una crescita equilibrata.
I Cavalieri del Lavoro sono protagonisti di un impegno che accresce le possibilità di tutti.
Una forza positiva che avverte l’urgenza di trasmettere i propri valori.
Vorrei, allora, rivolgere un invito.
Viviamo un tempo di preoccupazione: non lasciamo che sia questo sentimento a trattenerci dall’applicarci con fervore alle nostre missioni, nell’interesse dell’Italia.
La nostra fiducia, la nostra speranza, sono poggiate sulle doti di ingegno e intelligenza e sulle grandi risorse umane e morali che ha il nostro popolo, aperto all’incontro con gli altri, desideroso di armonia e di solidarietà.
Disponiamo di basi solide per pensare il futuro e per costruirlo insieme.
Scheda di approfondimento Ordine al Merito del Lavoro L’Ordine al Merito del Lavoro trae la sua origine da una “Decorazione del merito agrario ed industriale” destinata ad imprenditori agricoli e industriali e da una “Medaglia d’onore” per i loro dipendenti, istituite con Regio Decreto di re Umberto I datato 1º maggio 1898, n. 195. Successivamente, re Vittorio Emanuele III, con regio decreto 9 maggio 1901, n. 168, sostituì tali riconoscimenti con l’ “Ordine cavalleresco al merito agrario, industriale e commerciale“, che come già le precedenti benemerenze poteva essere conferito sia agli imprenditori che ai loro dipendenti. Una prima revisione dell’Ordine si ebbe nel 1911, senza che però vi si apportassero modifiche sostanziali, mentre è del 1921 la nuova denominazione di “Ordine al Merito del Lavoro“, introdotta con il Regio Decreto 20 marzo 1921, n. 350. Poco dopo, nel 1923, i Regi Decreti del 30 dicembre nn 3031 e 3167, da una parte restrinsero l’accesso all’ordine ai soli imprenditori, dall’altra istituirono la “Stella al merito del lavoro” riservata ai soli lavoratori dipendenti. Lo stato repubblicano fece suo l’ “Ordine al Merito del Lavoro” con la legge 15 novembre 1952, n. 1793, per poi riordinarlo con la legge 15 maggio 1986, n. 194, che ne accentuò i criteri restrittivi. Attualmente dunque Capo dell’Ordine è il Presidente della Repubblica Italiana. L’Ordine oggi è destinato a imprenditori o manager, anche stranieri, che abbiano contribuito per almeno vent’anni in modo significativo, alla promozione dell’economia nazionale con la loro attività nei settori dell’agricoltura, dell’industria, del commercio, turismo e servizi, dell’artigianato, del credito e delle assicurazioni. Ogni anno il Ministro dello Sviluppo economico, eventualmente di concerto con il Ministro delle Risorse Agricole, sceglie, 40 candidati da proporre al Presidente della Repubblica. Fra questi vengono selezionati venticinque imprenditori, ai quali è conferito, il 1° giugno, il titolo di “Cavaliere del Lavoro“. Fonte normativa: legge 15 maggio 1986, n. 194 . |
Scheda di approfondimento Gli ordini cavallereschi in Italia Il conferimento e l’uso di titoli e decorazioni cavalleresche in Italia è disciplinato dagli articoli 7 e 8 della legge n. 178 del 3 marzo 1951, i quali in sintesi stabiliscono che in Italia sono LIBERAMENTE UTILIZZABILI i titoli e le decorazioni: 1) degli ordini cavallereschi nazionali (Ordine Militare d’Italia, Ordine della “Stella d’Italia”, Ordine “Al merito della Repubblica Italiana”, Ordine Cavalleresco “Al Merito del lavoro”, Ordine di Vittorio Veneto) 2) degli ordini cavallereschi della Santa Sede (Ordine dello Speron d’Oro, Ordine Piano, Ordine di San Gregorio Magno e Ordine di San Silvestro Papa), e dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro 3) del Sovrano Militare Ordine di Malta Sono invece SOGGETTE AD AUTORIZZAZIONE da parte del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per gli affari esteri, le decorazioni ed i titoli degli “Ordini non nazionali o di Stati esteri”. Circa l’interpretazioni di quali possano essere considerati “ordini non nazionali“, molto si è discusso, e la dottrina attuale ha portato ad identificarli negli ordini cavallereschi dinastici. Un elenco degli Ordini non nazionali o di Stati esteri le cui decorazioni almeno in alcuni casi siano state sino ad oggi autorizzate, è stato stilato dall’Ministero dell’Interno. Gli articoli di legge anzidetti vietano il conferimento di onorificenze, decorazioni e distinzioni cavalleresche, con qualsiasi forma e denominazione, da parte di enti, associazioni o privati, e specificano che le relative sanzioni sono applicabili anche quando tali conferimenti siano avvenuti all’estero. Doverosamente va evidenziato come vi siano anche ordini cavallereschi del tutto legittimi, le cui decorazioni però lo stato italiano non ha ancora avuto occasione di autorizzare, oppure vi siano ordini cavallereschi di cui le decorazioni in Italia non vengono autorizzate, per ragioni di opportunità politica (come l’Ordine supremo della Santissima Annunziata, o l’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro). Assume dunque particolare rilevanza l’elenco degli ordini cavallereschi valutati legittimi dall’ICOC (Commissione Internazionale permanente per lo studio degli Ordini Cavallereschi – International Commission for Orders of Chivalry), istituzione internazionale privata, che ha redatto un apposito Registro. . |
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