Salvate lo stemma dell’Abruzzo

Un recente progetto di legge regionale, condiviso da tutti i gruppi di maggioranza del Consiglio regionale d’Abruzzo, intende modificare l’attuale stemma civico dell’ente, introducendo nell’insegna la raffigurazione del “Guerriero di Capestrano”, una scultura del VI secolo a.C., rinvenuta in una necropoli abruzzese, raffigurante un guerriero dell’antico popolo italico dei Vestini, che rappresenta una delle opere più significative dell’arte italica, ed uno dei tesori archeologici più preziosi di tutto l’Abruzzo.

Ancora una volta, come se un araldista volesse cimentarsi in un intervento cardiochirurgico, persone certamente animate da buone intenzioni, ma prive di qualunque nozione in ambito araldico, hanno deciso di occuparsi di uno stemma, che oltretutto in questo caso è quello di un ente di primaria rilevanza quale quello di una Regione.

Statua
Foto Sailko: Guerriero di Capestrano

A sollevare il caso e a opporsi energicamente ad una simile iniziativa è però intervenuto lo stimato storico ed araldista Fabio Valerio Maiorano, con un comunicato ripreso da molti organi di informazione, e che di seguito riportiamo anche noi:

Meraviglia, perplessità ed anche preoccupazione ha suscitato in me la proposta d’includere la statua del Guerriero di Capestrano nello stemma della Regione Abruzzo. E’ come se, per esaltare la propria identità, la Regione Lazio mostrasse nello stemma il Colosseo, la Calabria i Bronzi di Riace e la Sicilia un tempio agrigentino.
L’inserimento di quell’effige, infatti, rischia di snaturare e di rendere ancora più “complicato”, per non dire pasticciato e confuso, l’attuale stemma in uso, di per sé già irrispettoso dei principi araldici, della storia dell’Abruzzo e finanche della legge, visto che l’araldica pubblica (concessione o modifica di uno stemma) è materia di “esclusiva competenza” dello Stato, come ribadito anche nel Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 gennaio 2011, art. 1 comma 2, relativo alle “Competenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri in materia di onorificenze pontificie e araldica pubblica e semplificazione del linguaggio normativo”.
Evidentemente, nessuno in Regione si è premurato di contattare il competente “Ufficio onorificenze e araldica” per avere i prescritti pareri, tantomeno ha avvertito la necessità di consultare gli esperti di araldica.
L’Abruzzo – ha sottolineato Lorenzo Sospiri, presidente del Consiglio Regionale – è una delle poche Regioni a non avere nel suo stemma un elemento simbolico distintivo della propria storia, ma è fin troppo facile replicare che i simboli distintivi presenti negli stemmi di alcune Regioni sono “segni” coerenti sul piano storico e temporale, “figure” in perfetta sintonia con i principi della “filosofia” araldica, una disciplina che mira essenzialmente ad esprimere il massimo della sintesi comunicativa; al contrario, l’effige del Guerriero di Capestrano e lo stemma dell’Abruzzo sono due elementi – anzi due “mondi” – in evidente contrasto cronologico, del tutto incompatibili sul piano storico, ma anche inconciliabili nella resa grafica e delle convenzioni araldiche, vale a dire nella capacità di rendere un’efficace sintesi comunicativa.
E’ come se, per esaltare la propria identità, la Regione Lazio mostrasse nello stemma il Colosseo, la Calabria i Bronzi di Riace e la Sicilia un tempio agrigentino.
In ogni caso, nel rimarcare sia il rischio di una malaugurata ibridazione dello stemma regionale, sia l’obiettiva difficoltà di amalgamare il messaggio di due elementi palesemente anacronistici e formalmente disomogenei, sfido chiunque – anche i maggiori esperti di araldica – a descrivere compiutamente ogni particolare della statua non solo nel rispetto del linguaggio araldico (si veda in proposito lo specifico vocabolario accluso al citato DPCM del 2011) per quanto in armonia con le convenzioni grafiche e della comunicazione.
Già questo particolare, da non sottovalutare, sarebbe più che sufficiente ad accantonare un progetto balzano e inutile. Nella speranza che il Consiglio Regionale voglia recedere dall’annunciata decisione, sono convinto che la proposta di porre il Guerriero di Capestrano sullo stemma della Regione Abruzzo non possa avere che un impatto decisamente “sgrammaticato”, per le ragioni addotte, e un valore identitario quanto mai modesto, tali da non giustificare “l’alterazione” dello stemma in uso, uno stemma che mostra da quasi cinquant’anni – al pari del gonfalone e della bandiera – una serie di imprecisioni storico-araldiche e di “abusi” che meriterebbero, quelli sì, di essere sanati e disciplinati quanto prima
“.

Ne hanno dato notizia: Ansa, Rete5.tv, AbruzzoWeb, ReteAbruzzo, CorrierePeligno


Scheda biografica
Fabio Valerio Maiorano

Maiorano

Fabio Valerio Maiorano, classe 1950, nativo di Sulmona, docente in pensione, giornalista pubblicista, fa parte delle più prestigiose ed autorevoli istituzioni culturali sulmonesi, in molte delle quali ricopre anche ruoli di responsabilità; è infatti Vice Rettore e docente dell’Università Sulmonese della Libera Età, Socio honoris causa dell’Accademia Storico-Araldica Abruzzese, Accademico degli Agghiacciati, componente della Deputazione di Storia Patria in Abruzzo.

Fra le sue pubblicazioni si segnalano in particolare “Araldica nel territorio del Sirente- Velino” (2002), e “Sulmona dei Nobili e degli Onorati” (007).

Scheda di approfondimento
L’araldica civica italiana

Stemma vuoto di comune

L’araldica è la scienza che studia gli stemmi, questi però sono raggruppabili in tre macro categorie, ovvero gli stemmi di persona e famiglia, gli stemmi ecclesiastici, e gli stemmi di enti.

Quest’ultima categoria comprende in particolare gli enti territoriali, quali i comuni, le province, le regioni, e gli studi araldici ad essa dedicati, sono comunemente indicati come studi sull’araldica civica.

Oggi in Italia solo questa categoria dell’araldica (o meglio gran parte di essa) è disciplinata e tutelata dallo Stato, e la normativa di riferimento è il Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 1 febbraio 2011, n.25 – Suppl. Ordinario n.26.

Tale Decreto all’articolo 2 precisa che: sono destinatari delle disposizioni di cui al presente decreto: le regioni, le province, le città metropolitane, i comuni, le comunità montane, le comunità isolane, i consorzi, le unioni di comuni, gli enti con personalità giuridica, le banche, le fondazioni, le università, le società, le associazioni, le Forze armate ed i Corpi ad ordinamento civile e militare dello Stato.

L’articolo 5 invece precisa le caratteristiche tecniche degli emblemi civici:

1) Lo scudo obbligatoriamente adottato per la costruzione degli stemmi è quello sannitico moderno …

2) Le province, i comuni insigniti del titolo di città ed
i comuni dovranno collocare sopra lo stemma la corona a
ciascuno spettante, come di seguito descritta:
a) provincia: cerchio d’oro gemmato con le cordonature lisce ai margini, racchiudente due rami, uno di alloro e
uno di quercia, al naturale, uscenti dalla corona, decussati
e ricadenti all’infuori:

Corona di Provincia
b) comune insignito del titolo di città: corona turrita,
formata da un cerchio d’oro aperto da otto pusterle (cinque visibili) con due cordonate a muro sui margini, sostenente otto torri (cinque visibili), riunite da cortine di muro, il tutto d’oro e murato di nero:

Corona di città
c) comune: corona formata da un cerchio aperto da
quattro pusterle (tre visibili), con due cordonate a muro
sui margini, sostenente una cinta, aperta da sedici porte
(nove visibili), ciascuna sormontata da una merlatura a
coda di rondine, il tutto d’argento e murato di nero:

Corona Comune

3) Gli enti di cui all’articolo 2, diversi da provincia, comune insignito del titolo di città e comune, possono fregiare il proprio stemma con corone speciali di cui è studiata di volta in volta la realizzazione a cura dell’ Ufficio onorificenze e araldica.

4) Il gonfalone consiste in un drappo rettangolare di cm. 90 per cm. 180, del colore di uno o di tutti gli smalti dello stemma. Il drappo è sospeso mediante un bilico mobile ad un’asta ricoperta di velluto dello stesso colore, con bullette poste a spirale, e terminata in punta da una freccia, sulla quale sarà riprodotto lo stemma, e sul gambo il nome dell’ente. Il gonfalone ornato e frangiato è caricato, nel centro, dello stemma dell’ente, sormontato dall’iscrizione centrata (convessa verso l’alto) dell’ente medesimo. La cravatta frangiata deve consistere in nastri tricolorati dai colori nazionali. Le parti metalliche del gonfalone devono essere: argentate per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città. Analogamente i ricami, i cordoni, l’iscrizione e le
bullette a spirale devono essere d’argento per gli stemmi del comune, d’oro per gli stemmi della provincia e del comune insignito del titolo di città.

Gonfalone comunale

Il precedente articolo 4, fornisce inoltre delle indicazioni in merito ai motti: I motti devono essere scritti su liste bifide e svolazzanti dello stesso colore del campo dello scudo, con lettere maiuscole romane, collocate sotto la punta dello scudo.

Non sono invece formalmente menzionate le fronde che accompagnano lo scudo ai lati per poi unirsi al di sotto della sua punta, ma il rinvio alla normativa preesistente per quanto non normato dal decreto in questione, oltre alla loro costante presenza nei bozzetti esemplificativi e nelle faq presenti sul sito della Presidenza del Consiglio dei Ministri legittimano la comune interpretazione che esse siano previste, e lo siano con le caratteristiche indicate nelle suddette faq: 7) Le fronde che ornano lo scudo che ruolo hanno? Arricchiscono lo scudo ed effigiano l’alloro e la quercia, con le foglie di verde e con le drupe e le bacche d’oro; tali fronde si pongono legate in basso con un nastro tricolorato con i colori nazionali.

Da annotare infine che il comma 1 dell’art. 4 del già richiamato DPCM del 28/01/2011 precisa che “Gli stemmi ed i gonfaloni storici delle province e dei comuni non possono essere modificati”.

I disegni accompagnatori della presente scheda sono desunti dal testo del DPCM del 28/01/2011.

Testo integrale del Decreto del Presidente del Consiglio del 28 gennaio 2011
.

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gonfalone
Disegno per Araldica Civica di Pasquale Fiumanò: Gonfalone Regione Abruzzo
20 Giugno 2022
Raffaele Coppola

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