Lo stemma di monsignor Repole
Lo scorso mese di febbraio, papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’arcidiocesi metropolitana di Torino e come amministratore apostolico della diocesi di Susa, presentata da S.E. mons. Cesare Nosiglia.
Contestualmente il Santo Padre ha nominato arcivescovo metropolita di Torino e vescovo di Susa il rev.do Roberto Repole, del clero della medesima arcidiocesi metropolitana, finora canonico e docente, unendo in persona Episcopi le due Sedi.
Monsignor Roberto Repole è nato il 29 gennaio 1967 a Torino. Entrato in Seminario all’età di undici anni, ha compiuto gli studi superiori presso il Seminario minore, conseguendo la maturità classica presso il Liceo salesiano Valsalice di Torino nel 1986. Ha studiato filosofia e teologia nel Seminario arcivescovile di Torino e ha ricevuto l’ordinazione presbiterale dal cardinale Giovanni Saldarini il 13 giugno 1992. Dal 1992 al 1996 è stato Vicario parrocchiale presso la parrocchia di Gesù Redentore e collaboratore della parrocchia Ss. Nome di Maria in Torino, e successivamente docente di teologia sistematica presso la Facoltà Teologica di Torino e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Torino (dal 1996 fino al 2022). Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 7 maggio 2022, in occasione del suo ingresso a Torino, quando ha presentato ufficialmente anche il suo stemma con la seguente presentazione:
Secondo la tradizione araldica della Chiesa cattolica, lo stemma di un Arcivescovo Metropolita è tradizionalmente composto da:
– uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, da particolari devozioni o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altre particolarità;
– una croce doppia, arcivescovile (detta anche “patriarcale”) con due bracci traversi all’asta, in oro, posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;
– un cappello prelatizio (galero), con cordoni a venti fiocchi, pendenti, dieci per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.4), il tutto di colore verde;
– un pallio bianco con crocette nere, posto sotto lo scudo;
– un cartiglio inferiore recante il motto, scritto abitualmente in nero.
Per questo stemma è stato adottato uno scudo di foggia “gotica”, frequentemente usato nell’araldica ecclesiastica, mentre la croce patriarcale d’oro è “lanceolata”, con cinque gemme rosse a simboleggiare le Cinque Piaghe di Cristo.
DESCRIZIONE araldica dello scudo dell’Arcivescovo Roberto Repole
“Di rosso, alla banda d’oro, caricata di tre chiodi di nero posti nel senso della stessa”.
Il motto: “CHRISTUS TRADIDIT SEIPSUM PRO ME” (Gal 2,20). Le parole scelte da Mons. Roberto per il proprio motto episcopale sono tratte dalla Lettera di Paolo ai Galati laddove l’Apostolo sottolinea che Cristo “ha dato se stesso per me” (Christus tradidit seipsum pro me).
INTERPRETAZIONE
Gli ornamenti esterni caratterizzanti lo stemma di un Arcivescovo Metropolita, oltre ai venti fiocchi verdi pendenti ai due lati dello scudo, sono la croce astile arcivescovile e il pallio.
Tale croce, detta anche “patriarcale”, a due bracci traversi, identifica appunto la dignità arcivescovile: infatti, nel XV secolo, essa fu adottata dai Patriarchi e, poco dopo, dagli Arcivescovi. Alcuni studiosi ritengono che il primo braccio traverso, quello più corto, volesse richiamare il cartello con l’iscrizione “INRI”, posto sulla croce al momento della Crocifissione di Gesù.
Il pallio è un paramento liturgico, tipico degli Arcivescovi con giurisdizione metropolitana, cioè di Arcivescovi che presiedono una provincia ecclesiastica con una o più diocesi, chiamate suffraganee. Secondo alcune interpretazioni, esso rappresenta l’agnello portato sulle spalle, dal Buon Pastore e le due strisce terminali di seta nera simboleggiano gli zoccoli. È l’Agnello crocifisso per la salvezza dell’umanità intera; questo spiegherebbe l’uso della lana, delle sei croci decorative e delle tre spille, le acicula, raffiguranti i tre chiodi della croce di Cristo, che vengono infilate nel pallio durante le celebrazioni.
Il “campo” dello scudo è in rosso, il colore dell’amore e del sangue: l’amore intenso e assoluto del Padre che invia il Figlio a versare il proprio sangue per noi, per la nostra redenzione.
I tre chiodi posti sulla banda sono un chiaro riferimento alla Sindone custodita nella Cattedrale di Torino; essi infatti, come la corona di spine, sono i segni esteriori della Passione di N.S. Gesù Cristo che trova il culmine nella crocifissione, ultimo atto d’amore universale per l’umanità.
La banda, recante i chiodi è in oro, il primo tra i metalli nobili, simbolo quindi della prima Virtù, la Fede: infatti è grazie alla Fede che possiamo comprendere il messaggio d’amore salvifico del Padre.
Scheda di approfondimento L’araldica ecclesiastica L’araldica ecclesiastica è una specifica branca dell’araldica che si occupa degli stemmi appartenenti a persone o istituzioni del mondo ecclesiale, stemmi caratterizzati da ornamentazioni esterne sostanzialmente costanti e che esprimono un preciso codice giuridico, in grado di rendere immediatamente identificabile grado e funzione del titolare. Limitatamente all’araldica della Chiesa Cattolica, gli elementi essenziali di tale codice sono: La tiara o triregno è l’ornamento araldico ad uso esclusivo del Papa, che sormonta il relativo stemma, ed è costituita da un copricapo a forma di cupola che sorregge tre corone sovrapposte. Benedetto XVI e Francesco hanno sostituito la tiara con una mitra caricata di tre fasce d’oro che richiamano le originarie tre corone. Il galero, ovvero il cappello ecclesiastico è un cappello da pellegrino con la tesa molto lunga e due cordoni laterali che terminano con una serie di fiocchi o più propriamente nappe. Posto sulla sommità ornamento dello scudo il galero consente l’immediato riconoscimento del grado del titolare dello stemma grazie al colore e al numero delle nappe o fiocchi. Il colore del galero (di norma il medesimo delle nappe) indica: > rosso per i cardinali; > verde per gli arcivescovi, i vescovi e i patriarchi; > paonazzo per i monsignori; > nero per i presbiteri. Il numero di nappe per lato indica: > 15 nappe rosse per i cardinali; > 15 nappe verdi per patriarchi e primati; > 10 nappe verdi arcivescovi; > 6 nappe verdi vescovi e abati mitrati; > 6 nappe paonazze cappellano di Sua Santità; > 6 nappe nere vicario generale, vicario episcopale, abate; > 3 nappe parroco; > 1 nappa presbitero. Le Chiavi sono raffigurate incrociate, una d’oro a destra e un’altra d’argento a sinistra, con le impugnature rivolte verso il basso. Si pongono dietro o sopra lo scudo papale. La croce posta in palo dietro lo scudo, può essere: > semplice cioè ad una traversa per i vescovi > doppia cioè a due traverse per i cardinali, i patriarchi e gli arcivescovi. Impostazione classica di un stemma papale Impostazione classica di uno stemma cardinalizio di un arcivescovo Impostazione classica di uno stemma arcivescovile Impostazione classica di uno stemma vescovile Impostazione classica di uno stemma di un vicario episcopale Impostazione classica di uno stemma di un parroco Impostazione classica di uno stemma di un sacerdote Accanto a questi elementi principali ve ne sono altri di uso più limitato, come pure vi sono ulteriori configurazioni specificatamente riservate a cariche meno note, e non mancano un certo numero di eccezioni e deroghe concesse a titolari di cariche legate ad istituzioni specifiche. I disegni di questa scheda sono stati realizzati da Teresa Morettoni e Davide Bolis (per il solo stemma vescovile). . |
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