I Savoia reclamano i gioielli della corona

Vittorio Emanuele, Maria Gabriella, Maria Pia e Maria Beatrice di Savoia, figlie ed eredi dell’ultimo re d’Italia Umberto II, rivendicano la proprietà dei gioielli della corona che loro padre consegnò alla Banca d’Italia nel 1946, e – hanno fatto sapere – dopo un tentativo di mediazione fallito nei giorni scorsi – che intendono adire le vie legali contro la presidenza del Consiglio, il ministero dell’Economia e la Banca d’Italia.

La vicenda ha origine con il referendum con cui l’Italia scelse come forma di governo per l’Italia la repubblica al posto della monarchia. Tre giorni dopo il referendum – ricostruisce il Post – il 5 giugno 1946 il presidente del Consiglio dei ministri, Alcide De Gasperi, chiese al re uscente Umberto II di consegnare i gioielli della Corona nella sua disponibilità, poiché, in base a quanto stabilito dallo Statuto Albertino (la Costituzione del Regno d’Italia), erano dati “in dotazione” ai re per l’adempimento delle proprie funzioni, ma non come proprietà personale. La consegna avvenne da parte dell’avvocato Falcone Lucifero, ministro della Real Casa, nelle mani dell’allora governatore della Banca d’Italia Luigi Einaudi, futuro presidente della Repubblica, istituto che ha conservato i preziosi sino ad oggi.

Successivamente, con l’entrata in vigore della costituzione repubblicana tutti i beni dei Savoia vennero confiscati dallo Stato Italiano, come previsto dalla tredicesima disposizione della costituzione stessa. Fu stilato un elenco dei beni confiscati, in cui non furono inseriti i gioielli consegnati alla Banca d’Italia, verosimilmente perché ritenuti già di proprietà statale.

Ad alimentare però le rivendicazione degli eredi reali il verbale di consegna dei gioielli redatto il già citato 5 giugno 1946: “L’anno del 1946, il 5 giugno, alle ore 17 nei locali della Banca d’Italia, via Nazionale n.91 si è presentato il signor avvocato Falcone Lucifero, nella sua qualità di reggente il Ministero della Real Casa con l’assistenza del Grand’Ufficiale Livio Annesi direttore capo della Ragioneria del Ministero suddetto. L’avvocato Falcone Lucifero dichiara di aver ricevuto incarico da sua maestà re Umberto II di affidare in custodia alla cassa centrale della Banca d’Italia per essere tenuti a disposizione di chi di diritto gli oggetti preziosi che rappresentano le cosiddette ’gioie di dotazione della Corona del Regno’, che risultano descritti nell’inventario tenuto presso il ministero della Real Casa e che qui di seguito si trascrivono“.

Tenuti a disposizione di chi di diritto“, una formula ambigua che non chiarisce in maniera inequivocabile se si faccia riferimento allo Stato italiano o alla famiglia Savoia.

Difficile quantificare il valore dei 6.732 brillanti, 2.000 perle di varie dimensioni, 1 raro diamante rosa montato su una grande spilla, i collier di perle della regina, il diadema utilizzato da Margherita II e i gioielli a disposizione della principessa Maria Antonia, che costituiscono “il tesoro della corona”; nel 1976 però il tribunale di Roma commissionò una perizia alla società di gioielleria Bulgari, che valutò i gioielli intorno ai 2 miliardi di lire per una valutazione attualizzata dai vari giornali che hanno dato notizia della vicenda tra i 18 ed i 500 milioni di euro, con un’oscillazione di valutazione assai significativa.

Nel frattempo riportiamo quanto dichiarato a Repubblica dal gioielliere che nel 1976 periziò i preziosi: “Ricordo la mia delusione e di aver detto: possibile che il tesoro della Corona sia questo?“.

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Foto Ghitta Carell: Maria José come Regina consorte d’Italia nel 1935 con il diadema Musy donatole dalla regina Margherita ed oggi parte del “tesoro della corona”.
27 Gennaio 2022
Giovanni Moneta

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