Stemma di monsignor Ruzza
Lo scorso 5 maggio il Santo Padre papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Porto-Santa Rufina presentata da S.E. Mons. Gino Reali e contestualmente ha nominato amministratore apostolico della Diocesi S.E. Mons. Gianrico Ruzza, Vescovo di Civitavecchia-Tarquinia e già Ausiliare di Roma.
Nato a Roma il 14 febbraio 1963, è stato ordinato sacerdote per la diocesi di Roma il 16 maggio 1987, eletto vescovo l’8 aprile 2016 e consacrato l’11 giugno 2016.
Monsignor Ruzza in precedenza è stato vescovo titolare di Subaugusta e ausiliare prima del settore Centro e successivamente del settore Sud della diocesi di Roma.
Sul sito Internet della diocesi di Civitavecchia, lo stemma di monsignor ruzza viene così presentato:
“Descrizione dello stemma episcopale di Mons. Gianrico Ruzza Vescovo di Civitavecchia-Tarquinia
Secondo la tradizione araldica ecclesiastica cattolica, lo stemma di un Vescovo è tradizionalmente composto da:
- uno scudo, che può avere varie forme (sempre riconducibile a fattezze di scudo araldico) e contiene dei simbolismi tratti da idealità personali, o da tradizioni familiari, oppure da riferimenti al proprio nome, all’ambiente di vita, o ad altro;
- una croce astile a un braccio traverso (per identificare il grado della dignità vescovile) in oro, posta in palo, ovvero verticalmente dietro lo scudo;
- un cappello prelatizio (galero), con cordoni a dodici fiocchi, pendenti, sei per ciascun lato (ordinati, dall’alto in basso, in 1.2.3.), il tutto di colore verde;
- un cartiglio inferiore recante il motto scritto abitualmente in nero
Nel nostro caso si è scelto uno scudo “bucranico”, frequentemente usato anche in araldica ecclesiastica e una croce astile in oro, trifogliata, con cinque gemme rosse per indicare le Cinque Piaghe di Cristo.
Descrizione araldica (blasonatura) dello scudo del Vescovo Ruzza
“Troncato di rosso e d’oro: nel 1° al libro aperto dello stesso caricato delle lettere Alpha e Omega del primo; nel secondo al pellicano con la sua pietà al naturale, sanguinoso di rosso”.
Il motto:
SERMO TUUS VERITAS (Gv 17,17)
Le parole del motto episcopale di Mons. Ruzza sono tratte dal Vangelo di Giovanni laddove l’Evangelista riporta la lunga, intensa preghiera di intercessione e oblazione che Gesù rivolge al Padre, nell’ora imminente del sacrificio, per gli uomini che lo hanno seguito, che hanno creduto alle Sue parole; chiede che vengano protetti dal male con la santificazione: “Consacrali nella verità. La tua parola è verità”-“Sanctifica eos in veritate. Sermo tuus veritas est”. E’ appunto una preghiera di consacrazione, che accompagna l’invio dei discepoli a perpetrare la missione evangelizzatrice e la consacrazione avviene attraverso la Parola che è la verità assoluta, la verità della rivelazione al Figlio che la tramanda, santificandoli, ai discepoli inviati nel mondo da Gesù Cristo.
Interpretazione
Nella metà superiore dello scudo appare il libro aperto, simbolo della parola rivelata; esso riporta le lettere greche A e Ω (Alfa e Omega) per richiamare quanto Gesù ha affermato nell’Apocalisse di Giovanni: “Io sono l’Alfa e l’Omega” e subito dopo “il primo e l’ultimo, il principio e la fine” (Ap 22,13). L’Alfa e l’Omega sono rispettivamente la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco, quindi dire che Gesù è l’Alfa e l’Omega è come dire che Egli è il primo e l’ultimo; le espressioni nella sostanza sono identiche. Il fatto che Gesù abbia detto di essere l’Alfa e l’Omega corrisponde ad una dichiarazione della propria divinità perché Giovanni, nell’Apocalisse, dice che sentì Dio Padre affermare queste parole: “È compiuto. Io sono l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine. A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita….” (Ap 21,6).
Se solamente il Padre fosse Dio, solo Lui potrebbe dire di essere l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine, il primo e l’ultimo; il Figlio non potrebbe dirlo, potrebbe o dovrebbe dire di essere il secondo ma non il primo. Il libro è in oro, metallo più nobile, simbolo quindi della prima Virtù, la Fede; infatti, è grazie alla Fede che possiamo comprendere compiutamente il messaggio di redenzione proprio della Parola rivelata. Nella metà inferiore dello scudo è rappresentato il pellicano che, secondo la tradizione, nutre i propri piccoli con il proprio sangue: è il Pie pellicane, simbolo cristologico ed eucaristico per eccellenza, usato dagli antichi e citato da San Tommaso d’Aquino nel celebre inno Adoro Te devote: “Pie pellicane, Iesu Domine, me immundum munda Tuo sanguine”. Per i cristiani, quindi, rappresenta l’estremo sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo che sulla croce immola se stesso per la salvezza dei Suoi figli”.
Scheda di approfondimento L’araldica ecclesiastica L’araldica ecclesiastica è una specifica branca dell’araldica che si occupa degli stemmi appartenenti a persone o istituzioni del mondo ecclesiale, stemmi caratterizzati da ornamentazioni esterne sostanzialmente costanti e che esprimono un preciso codice giuridico, in grado di rendere immediatamente identificabile grado e funzione del titolare. Limitatamente all’araldica della Chiesa Cattolica, gli elementi essenziali di tale codice sono: La tiara o triregno è l’ornamento araldico ad uso esclusivo del Papa, che sormonta il relativo stemma, ed è costituita da un copricapo a forma di cupola che sorregge tre corone sovrapposte. Benedetto XVI e Francesco hanno sostituito la tiara con una mitra caricata di tre fasce d’oro che richiamano le originarie tre corone. Il galero, ovvero il cappello ecclesiastico è un cappello da pellegrino con la tesa molto lunga e due cordoni laterali che terminano con una serie di fiocchi o più propriamente nappe. Posto sulla sommità ornamento dello scudo il galero consente l’immediato riconoscimento del grado del titolare dello stemma grazie al colore e al numero delle nappe o fiocchi. Il colore del galero (di norma il medesimo delle nappe) indica: > rosso per i cardinali; > verde per gli arcivescovi, i vescovi e i patriarchi; > paonazzo per i monsignori; > nero per i presbiteri. Il numero di nappe per lato indica: > 15 nappe rosse per i cardinali; > 15 nappe verdi per patriarchi e primati; > 10 nappe verdi arcivescovi; > 6 nappe verdi vescovi e abati mitrati; > 6 nappe paonazze cappellano di Sua Santità; > 6 nappe nere vicario generale, vicario episcopale, abate; > 3 nappe parroco; > 1 nappa presbitero. Le Chiavi sono raffigurate incrociate, una d’oro a destra e un’altra d’argento a sinistra, con le impugnature rivolte verso il basso. Si pongono dietro o sopra lo scudo papale. La croce posta in palo dietro lo scudo, può essere: > semplice cioè ad una traversa per i vescovi > doppia cioè a due traverse per i cardinali, i patriarchi e gli arcivescovi. Impostazione classica di un stemma papale Impostazione classica di uno stemma cardinalizio di un arcivescovo Impostazione classica di uno stemma arcivescovile Impostazione classica di uno stemma vescovile Impostazione classica di uno stemma di un vicario episcopale Impostazione classica di uno stemma di un parroco Impostazione classica di uno stemma di un sacerdote Accanto a questi elementi principali ve ne sono altri di uso più limitato, come pure vi sono ulteriori configurazioni specificatamente riservate a cariche meno note, e non mancano un certo numero di eccezioni e deroghe concesse a titolari di cariche legate ad istituzioni specifiche. I disegni di questa scheda sono stati realizzati da Teresa Morettoni e Davide Bolis (per il solo stemma vescovile). . |
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