La Nobiltà dei Ceti Consiliari nelle Comunità pontificie
Non più riconosciuta dallo Stato Italiano, la nobiltà e con essa il diritto nobiliare, non suscitano più il medesimo interesse che suscitavano in passato, anche presso gli studiosi, così anche le pubblicazioni in materia sono ormai sempre più rare, e ancor più raramente capaci di fornire un contributo significativo allo studio e all’approfondimento della materia.
In questo contesto un’eccezione pare essere rappresentata dal volume curato da Francesco Pompili, che attraverso l’autopubblicazione è recentemente approdato almeno sugli scaffali virtuali de ilmiolibro.
“Questo saggio – recita l’abstract dell’opera – indaga sui percorsi giuridici per il riconoscimento nobiliare dei ceti chiusi dello Stato Ecclesiastico non esplicitamente dichiarati nobili dal sovrano. I ceti dirigenti delle comunità pontificie, chiusi ed ereditari, sono stati secolarmente riconosciuti come fregiati di nobiltà generosa dal pontefice attraverso lo Statuto dell’Ordine Pontificio di Santo Stefano papa e martire, il quale aveva duplice natura: canonica, in quanto conferito dalla fons honorum pontificia e civile, in quanto affidato in Gran Magistero dapprima ai Medici e poi agli Asburgo-Lorena, sovrani di Toscana. Si tratta di una parte del diritto nobiliare pontificio dimenticata dopo la riforma leonina del 1827, che centralizzò la nobiltà civica, lasciando in disparte la nobiltà generosa prodotta dai ceti chiusi che non ebbero un esplicito riconoscimento nobiliare prima del 1827. La ricerca è del tutto pioneristica ed inedita, con documenti, finora mai portati prima alla luce, che provano in maniera incontrovertibile la nobiltà di ceti caduti parzialmente nell’oblio perché fagocitati dalla storia della nobiltà maggiore. Questo saggio indaga sui percorsi giuridici per il riconoscimento nobiliare dei ceti chiusi dello Stato Ecclesiastico non esplicitamente dichiarati nobili dal sovrano. I ceti dirigenti delle comunità pontificie, chiusi ed ereditari, sono stati secolarmente riconosciuti come fregiati di nobiltà generosa dal pontefice attraverso lo Statuto dell’Ordine Pontificio di Santo Stefano papa e martire, il quale aveva duplice natura: canonica, in quanto conferito dalla fons honorum pontificia e civile, in quanto affidato in Gran Magistero dapprima ai Medici e poi agli Asburgo-Lorena, sovrani di Toscana. Si tratta di una parte del diritto nobiliare pontificio dimenticata dopo la riforma leonina del 1827, che centralizzò la nobiltà civica, lasciando in disparte la nobiltà generosa prodotta dai ceti chiusi che non ebbero un esplicito riconoscimento nobiliare prima del 1827. La ricerca è del tutto pioneristica ed inedita, con documenti, finora mai portati prima alla luce, che provano in maniera incontrovertibile la nobiltà di ceti caduti parzialmente nell’oblio perché fagocitati dalla storia della nobiltà maggiore“.
Di seguito l’indice dell’opera: Introduzione; Requisiti per l’esistenza del ceto patrizio; La differenza tra città e terra; Il pensiero dei giuristi sui Ceti Consiliari; Il riconoscimento dei Ceti Consiliari pontifici nella giurisprudenza stefaniana; Le altre Religioni Militari verso i Ceti Consiliari pontifici; Elenco delle Comunità pontificie in cui esistette un ceto patrizio che non fu esplicitamente riconosciuto dal sovrano; Appellativi, attestazioni e trattamenti delle Magistrature civiche e dei Consigli pubblici pontifici dal governo centrale e da altri sovrani; La validità della nobiltà dei ceti consiliari pontifici oggi; Documenti originali; Tabula Memorialis; Appendice (parere della Prof.ssa Irace sulla nobiltà dei ceti consiliari chiusi).
L’opera, anche come possibile strenna natalizia, è acquistabile sul sito de ilmiolibro
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